“Tra le parole c’è tutta la fluidità di movimento che la mia disabilità non mi permette di avere“, dice Ilaria Parlanti, autrice del libro La verità delle cose negate.
È giovanissima, scrive quasi da sempre ed è stata ospite all’ultimo Salone del libro a Torino. La verità delle cose negate è il suo primo romanzo.
Ilaria Parlanti racconta lo storia di Isabella, una donna forte ma allo stesso tempo sensibile, che soffre di disabilità e dovrà scendere a compromessi con sé stessa per ritrovarsi nella propria unicità.
Ilaria scrive da quando ha 12 anni, è anche sceneggiatrice per il cinema e il teatro. Soffre di una disabilità fisica, ha la sindrome di Jarcho-Levin e fin da piccolissima si è sottoposta a vari interventi di sperimentazione chirurgica a Parigi perché la scienza “potesse trovare un metodo funzionale per migliorare la qualità di vita dei pazienti con la mia stessa patologia. Ora che il mio percorso ospedaliero è finito – racconta – lo continuo con le parole“.
Ilaria Parlanti si batte infatti da anni per sensibilizzare sul tema della disabilità, perché “esistono ancora pregiudizi, stigmi, barriere architettoniche e mentali da dover distruggere. Lo ripeto sempre: non esiste un essere umano uguale all’altro, che esso sia normodotato o disabile. Impariamo ad accettare ed interiorizzare la nostra unicità – afferma -, impariamo ad abbracciare il diverso, lo sconosciuto, l’ignoto“.
Di seguito l’intervista.
Com’è nata l’idea del libro?
“Il mio romanzo, La verità delle cose negate, nasce da un’esperienza autobiografica. I primi germi della creazione di Isabella, la protagonista, e del suo mondo, sono fioriti all’interno di sedute di psicoterapia, mentre cercavo di scendere a compromessi con il mio passato un po’ tormentato e con la vita che ho adesso. All’inizio ho pensato ad Isabella come una donna forte e sensibile allo stesso tempo, che condividesse la mia stessa infanzia e soprattutto la mia stessa disabilità. Poi si sono materializzati i pensieri, il filo logico della trama, i luoghi del cuore che volevo descrivere e soprattutto gli altri personaggi, quasi tutti alter ego di persone realmente esistenti. Ho scritto questo libro per me stessa, per liberarmi dai miei demoni interiori. Isabella segue il mio stesso percorso terapeutico, visto che nel primo capitolo si ritrova a comprare un quaderno, una sorta di diario, dove inizia ad annotare tutti i suoi pensieri ed emozioni. E lì, comincia a ricordare, a dipanare la storia tra presente e passato. Insieme a lei ricordavo anch’io: ricordavo Parigi, la città che mi ha salvato la vita, ricordavo vecchie amicizie ed amori improbabili. E’ una storia di coraggio, di resilienza, di vita vera e vissuta, di sentimenti forti ed autentici, di femminismo, di sopravvivenza. E’ la storia di un cambiamento più interiore che fisico, di liberazione dalle colpe che ci portiamo dietro e non sono nemmeno le nostre, di amore per se stessi. E’ questa la lezione che più ho imparato dalla scrittura del mio romanzo: amarmi per chi sono e diventare ciò che voglio“.
Raccontaci la tua esperienza al Salone del libro di Torino di quest’anno
“Come tutte le esperienze importanti della vita, ho sentito che il Salone è stato uno spartiacque per me come persona e come autrice/lettrice. Del Salone voglio ricordare le meravigliose persone che ho incontrato, quelle che hanno deciso di acquistare il mio libro e mi scrivono sui social per dirmi che lo hanno apprezzato. Non avrei mai pensato che qualcuno volesse dare una chance ad una sconosciuta. Ringrazio anche i giornalisti che si sono fermati allo stand per scrivere due righe sul mio progetto di sensibilizzazione, i blogger che mi sono venuti a trovare per farci una foto insieme, gli amici che mi hanno conosciuto agli inizi della mia carriera. Ovviamente, per chi ha una disabilità fisica come la mia, stare in piedi tutto il giorno allo stand è stata una fatica immensa, ma la ricordo con un sorriso a trentadue denti. La felicità era proporzionale al dolore cronico che mi prendeva la schiena: più firmavo dediche nel corso della giornata, più ero felice e anche dolorante. In Italia si propina sempre il vecchio detto ‘con la cultura non si mangia’, ma Torino per me è stata una bella smentita a questo proverbio. I lettori ci sono, lo dimostrano le lunghe file per vedere Dicker o la Nothomb e alcuni di essi sono diventati anche i miei lettori. E’ una frase che non avrei mai pensato di poter dire: ho dei lettori, alcuni anche molto fidati. E questo è molto più di ciò che avrei mai osato immaginare”.
Quando è nato il tuo rapporto con la scrittura e cosa significa per te scrivere?
“Il mio amore per lo scrivere è nato intorno ai 12 anni, quando a scuola si cominciavano a studiare le prime poesie di autori famosi. È stato come un fulmine, mi sono innamorata completamente dello stile, della possibilità di vedere nero su bianco i miei pensieri, di riversare fuori di me i miei sentimenti e, soprattutto, di poterlo fare non solo con la voce. Sono sempre stata estremamente timida e quando comincio a parlare delle mie emozioni mi viene un nodo alla gola che difficilmente riesco a sciogliere. Con la scrittura, invece, mi sento libera di esprimere ciò che voglio. Nella mia scrittura c’è tutta la leggerezza e la fluidità di movimento che non possiedo a causa della disabilità. Per me la scrittura è linfa vitale, è il superamento dei miei limiti, è coraggio, è anche dolore, ma soprattutto è un faro di speranza”.
Quali sono le maggiori difficoltà riscontrate e che stai riscontrando durante il tuo percorso per diventare scrittrice?
“Come dico sempre, il mondo dell’editoria è una vera e propria giungla. Pubblicare richiede un tempo ed una pazienza infiniti e molte volte si rischia di mollare proprio quando il traguardo è più vicino. Una delle difficoltà maggiori che sto riscontrando al momento è farmi conoscere. In quanto autrice emergente non ho un grande ufficio stampa che mi permette di arrivare a giornali, radio e tv. Tutto ciò che faccio ed ottengo lo imputo ad una buona dosa di perseveranza e intraprendenza, ma la palla passa sempre ai lettori. ‘Ti è piaciuto il libro? Suggeriscilo agli amici. Non c’è niente che coinvolga di più del vecchio e semplice passaparola. Lasciamo vincere la meritocrazia. Ne abbiamo bisogno”.
Parlaci del tuo progetto di sensibilizzazione per la disabilità
“Io stessa soffro di una disabilità fisica (sindrome di Jarcho-Levin) che mi ha portato a subire 23 interventi chirurgici durante un percorso di sperimentazione a Parigi, motivo per cui il libro è ambientato in questa capitale europea. Il mio intento con questo romanzo è quello di sensibilizzare perché mi accorgo che nel 2022 di disabilità si parla ancora poco e male. Esistono ancora pregiudizi, stigmi, barriere architettoniche e mentali da dover distruggere. Lo ripeto sempre: non esiste un essere umano uguale all’altro, che esso sia normodotato o disabile. Impariamo ad accettare ed interiorizzare la nostra unicità, impariamo ad abbracciare il diverso, lo sconosciuto, l’ignoto. Ne avremo sicuramente una società più ricca culturalmente e più aperta. Se non lo fate per voi, fatelo almeno per i bambini del domani, per i vostri figli o nipoti. Della disabilità in questo libro non tratto solo le difficoltà ed il dolore, ma anche la speranza, la forza di vivere, il coraggio della resilienza, la tenacia della sopravvivenza. Prima ho dato il mio corpo alla scienza per inventare un metodo che fosse funzionale a migliorare la qualità di vita dei pazienti con la mia stessa patologia, e adesso che il mio percorso è finito, lo continuo con le parole e la mia attività nel mondo dell’intrattenimento e della cultura. Negli anni ’90 quando ho cominciato le operazioni a Parigi, eravamo pochissimi a tentare e adesso so, perché collaboro personalmente con i chirurghi, che grazie a noi la chirurgia vertebrale ha fatto cento passi avanti e questo non può che rendermi felice. Di questo progetto di sensibilizzazione ne ho parlato in radio, sui giornali e soprattutto nel programma di Rai 2 O anche n”. Con la presentatrice, la famosa Paola Severini Melograni, abbiamo discusso dei diritti del disabile (purtroppo ancora un sogno per molti) riguardo al dolore cronico di cui soffro e alle cure palliative. Io ci metto la faccia in questo progetto. Voi metteteci il cuore“.
Scriverai altri libri? Piani per il futuro?
“Sicuramente continuerò a scrivere, perché è ciò che muove la mia vita e il mio spirito. Ho già cominciato a redigere il mio secondo romanzo, che si intitolerà Al di là delle terre emerse. Mi discosterò dalle tematiche autobiografiche del primo libro, ma ci sarà comunque un filo rosso che li collega. Rimarrà il tema della malattia, del cancro, che l’anno scorso si è portato via mio nonno Rolando, al quale il romanzo sarà dedicato. Lo scriverò sotto forma di distopia, incentrandomi su che cosa sia la libertà umana e dove ci spingeremmo per difenderla. Nell’estate scriverò una sceneggiatura per un cortometraggio d’autore (scrivo anche per il cinema). Il progetto vede protagonisti dei bambini, ispirato ad un’idea della meravigliosa fotografa Barbara Marin. Continuerò anche a studiare recitazione, visto che il mio progetto di sensibilizzazione vorrebbe portare più disabili nel mondo del cinema e del teatro. Ho anche in mente di riprendere a scrivere poesie, da cui è nato il mio amore per la letteratura, e possibilmente pubblicare una seconda silloge dopo Bisbigli d’inchiostro del 2012. Poi, lascio che sia la vita a decidere. L’importante è continuare a muoversi“.
Ilaria Parlanti. Nasce il 18 aprile 1997 a Pescia. Trascorre l’infanzia e la prima adolescenza divisa tra il suo paese natale e Parigi, a causa di una malformazione scoliotica congenita curabile soltanto nella capitale francese. Ed è soprattutto nei corridoi degli ospedali che si appassiona in tenera età alla letteratura. Dai dodici anni partecipa regolarmente a concorsi letterari nazioni ed internazionali, venendo menzionata in oltre 300 segnalazioni. Nel 2016 si diploma con lode al liceo classico. Nel 2017 viene selezionata tra i 150 autori che parteciperanno nell’Enciclopedia della Poesia contemporanea ad opera della Fondazione Mario Luzi nell’ambito dell’omonimo concorso. Nel 2019 partecipa come coautrice ed attrice al cortometraggio Come un uragano senza identità della regista toscana Roberta Mucci. Scrive soggetto e sceneggiatura anche di un altro cortometraggio, dal titolo Circling paths, una produzione di FilmInTuscany, premiato in festival internazionali, da Los Angeles all’Ucraina. Nel maggio 2020 scrive il monologo Invisibili(recitato da Ivo Romagnoli) contro la violenza sulle donne durante la quarantena. In pochi giorni varie riviste parlano del monologo che raggiunge più di 300mila visualizzazioni su Youtube. Nel 2021 entra a far parte come copywriter del sito di intrattenimento Tuttotek. La verità delle cose negate è il suo primo romanzo.