Nell’anno 1334, un tale Giovanni di Lorenzo di Piccardia (Francia) si imbarcò per Napoli come pellegrino per alla santa Casa di Loreto. Da qui si diresse verso Lucca, avendo il desiderio di arrivare in riva al Serchio in tempo per la festività della Santa Croce e prostrarsi dinanzi al Volto Santo. Erano i primi giorni di settembre di quell’anno, Giovanni di Lorenzo di Piccardia sostando vicino a un torrente nei pressi di Pietralunga, scorse un uomo ferito dai briganti. Il pellegrino diede immediatamente soccorso al moribondo, ma venne scambiato dalla gente del luogo per l’assassino e subito incarcerato.
Invano il poveretto protestò di essere innocente e non trovandosi l’autore del delitto, dovette comparire davanti al tribunale. Negando senza tregua di aver commesso il fatto, venne torturato. Provò a resistere per qualche tempo, ma, non reggendo più alle tante sevizie, dichiarò di essere colpevole dell’omicidio che non aveva commesso. Branca de’ Branci, podestà di Pietralunga, sottoscrisse la sentenza di morte. Giovanni di Lorenzo, allora, cominciò a pregare il Volto Santo che se avesse avuta salva la vita non solo si sarebbe recato a Lucca a venerarlo, ma avrebbe proseguito il suo viaggio fino a Santiago di Compostela.
Quando fu la sua ora, si avviò verso il palco, pregando. Posto il capo sul ceppo, il boia diede un gran colpo colla mannaia, ma questa non ebbe alcun risultato. Ci provò di nuovo con un colpo più energico e anche questo non sortì gli effetti sperati. Un terzo anche più forte. Nulla. Gli spettatori ne rimasero impressionatissimi e il carnefice altrettanto. La lama della ghigliottina si era piegata, mentre il collo del condannato era senza alcun graffio. L’uomo allora gridò al miracolo e gli spettatori riconoscendo in quell’avvenimento un giudizio di Dio, proclamarono l’innocenza del povero Giovanni, che l’aveva vista davvero brutta. Era l’11 settembre 1334 e Giovanni corse alla volta di Lucca per prostrarsi ai piedi del Volto Santo. Una volta arrivato si presentò al Vescovo – che era allora Guglielmo II di Montalbano – il quale lo accolse e l’ascoltò ma, prima di riconoscere il prodigio, richiese altre testimonianze. Allora Giovanni ritornò a Pietralunga ed ebbe dal podestà, oltre la mannaia anche le lettere attestanti il prodigio, per il Vescovo, il Vicario e l’Arciprete della Cattedrale.
La mannaia in questione è ora conservata dietro una grata dirimpetto alla Cappella del Sacro Volto in San Martino e una lapide posta al di sotto, narrante la storia del miracolo, si conclude con queste parole: “Va e impara che nessuna preghiera è più efficace dell’innocenza per ottenere prodigi”.