Marco Pierallini, Manuel Vellutini e Simone Bartalesi: tre imprenditori lucchesi che negli anni sono riusciti a creare aziende di successo nell’ambito dello sviluppo di software. Oggi le due aziende, Akeron e Nubess, si fondono per dare vita a un nuovo progetto, “Level Up”, con l’obiettivo di imporsi a livello internazionale e portare anche un contributo a Lucca. “Questo progetto è importante anche per la città” – dice Pierallini, che con Vellutini ha fondato prima Tagetik, azienda leader del settore IT, oggi parte del gruppo Wolters Kluwer, e poi Akeron – “Non è solo un progetto imprenditoriale, ma punta a far ricadere benessere sul territorio”.
Nel territorio lucchese, sia città che provincia, ci sono molte realtà nell’ambito dell’informatica. Un po’ fuori contesto rispetto ad altre aree, come Milano e in generale il Nord Italia. Come mai?
MV: Alcune realtà importanti si trovano a Pisa, aggregate come startup intorno al Polo Tecnologico di Navacchio, altre, invece, sono nate nei contesti universitari e poi sono diventate importanti, come Ion Trading o LIST. A Lucca ho notato meno questa tendenza, ma Nubess è stata una sorpresa: abbiamo incontrato Simone nel 2018 casualmente ad una cena e lì è cominciato tutto quanto. Lo sviluppo di queste realtà potrebbe avere come driver l’Università di Pisa, che riesce a portare sul territorio delle competenze qualificate. Sarebbe importante, invece, chiedersi perché aziende con prodotti o soluzioni interessanti non riescono poi a fare un salto di crescita. Oltre alle competenze nel software, in questo settore, servono altre tipologie di competenze, che spesso possono mancare sul territorio o a chi ha avviato l’impresa, che pur ha pensato il prodotto e ha avuto le competenze tecnologiche per svilupparlo. Manca ciò che serve a far scalare il prodotto e a farlo conoscere di più sul mercato.
Spesso quando si pensa alla società di software si pensa come asset al cd, anche se adesso tutto è spostato sul cloud. Poi però, per portarlo sul mercato, servono tutta una serie di competenze che vanno dal marketing per far conoscere il prodotto, al creare un brand e un posizionamento chiaro sul mercato, un pricing adeguato, una rete di vendita solida, partner… Serve tutta un’organizzazione che spesso non è facile da mettere insieme, ma sono componenti importanti e necessarie quando si vuole scalare un’azienda, per farla diventare da piccola a strutturata nel settore del software.
Proprio a proposito di partner, nel vostro progetto è incluso anche un altro attore, ovvero la White Bridge Investments (società internazionale di investimenti che sostiene aziende e progetti nella loro crescita, ndr).
MV: Infatti. Un’altra cosa che manca oggi è quel tessuto finanziario, che si trova invece in altri distretti, come la Silicon Valley, che riesce a far crescere le aziende attraverso investimenti. Si tratta dei cosiddetti VC Ventures Capitalist, che seguono e portano l’azienda attraverso vari stadi, dal seeding iniziale al growing, fino al private equity. Questo tessuto che porta risorse finanziare, porta con sé anche competenze e affianca l’imprenditore nel suo percorso di crescita. In Italia mancano spesso questo ruolo e la cultura di rivolgersi a tale tipologia di figure ed investitori, che possono essere risorse importanti per l’azienda.
Come avete coinvolto e convinto White Bridge a entrare a far parte del vostro progetto?
MV: Noi siamo stati il loro primo investimento in Tagetik, ci siamo conosciuti in quell’occasione e abbiamo intrapreso un percorso insieme. Adesso loro sono al loro 32esimo investimento, è una società che è cresciuta molto. Al di là del piano industriale che abbiamo presentato, c’è un rapporto di conoscenza e fiducia reciproca maturato negli anni.
MP: Il fatto di aver già lavorato insieme e di aver creato un progetto di successo, è stato fonamentale. Ci conoscono, sanno come lavoriamo, il tipo di cultura aziendale che abbiamo, la nostra esperienza internazionale. Sono stati loro per primi a proporci di tornare a collaborare, ci hanno sottoposto delle proposte, ma non era baricentrate su Lucca e a me, Manuel e alle altre persone che compongono il tessuto intorno a noi, piaceva l’idea di fare qualcosa che, pur non entrando in competizione con Tagetik, fosse complementare alla nostra esperienza pregressa e le desse anche continuità. Quando si è presentata l’opportunità con Nubess, gliel’abbiamo proposta… ci è voluto poco a convincerli.
Sebbene target e prodotti siano differenti, anche Nubess e Akeron a prima vista potevano sembrare aziende concorrenti: entrambe software house, entrambe a Lucca. Come siete passati dall’incontro casuale, a parlare di questo progetto e come si è evoluta la vostra collaborazione, fino alla realtà di oggi?
MP: Le aree di competizione erano davvero molto limitate, al contrario erano molte di più le complementarità. Se ci fosse stata competizione, avremmo potuto comunque pensare di unirci per entrare in competizione con qualcuno più grande di noi, ma non era questa la situazione. La sovrapposizione più importante è stata sulla cultura aziendale: se non ci fosse stato questo tassello, non avremmo sentito l’esigenza di unire due società così diverse. Puoi integrare i prodotti e le tecnologie, ma integrare culture aziendali diverse comporta una fatica enorme, con il risultato che comunque qualcuno rimane sempre scontento. Ci siamo conosciuti, abbiamo capito che i prodotti non erano in concorrenza, che avevamo radici comuni, perché entrambe le aziende sono nate come agenzie di consulenza, prima di essere software house. Importanza non tanto della tecnologia, ma all’esperienza, al sapere quali siano i problemi di un’azienda e come usare la tecnologia per risolverli: questa è un po’ la radice di Akeron e Nubess, come di Tagetik prima ancora. Ciò porta ad una cultura aziendale in cui le persone non sono viste come numeri, ma come un asset strategico e si cerca di creare un ambiente familiare, attento: tutto ciò è tipico di una startup, ma sarebbe bello portarlo avanti anche quando l’azienda cresce. Simone e Gudrun (Vandenbussche, altro socio fondatore di Nubess, ndr) hanno dimostrato fin da subito di avere il nostro stesso modo di vedere l’azienda, quindi abbiamo cominciato a ragionare su come io e Manuel potessimo darevloro una mano a portare i prodotti di Nubess in aziende più grandi prima in Italia, poi all’estero. Questo ci ha dato la possibilità di conoscerci ancora meglio e conoscere meglio il prodotto, così quando anche in Akeron si è presentata la necessità di portare avanti un processo di internazionalizzazione, di far conoscere di più il brand sia in Italia che all’estero, abbiamo capito che c’era l’opportunità di creare sinergia. Non solo poteva anche essere creata un’azienda con una massa critica di persone che possa attrarre anche altre risorse e talenti. Nel nostro settore è fondamentale accogliere nuovi talenti e fare sì che rimangano in azienda, ma anche sostenerli nella loro crescita.
SB: Condivido quanto detto da Manuel e Marco, già questo è sintomo di una visione comune. Quando abbiamo valutato questo progetto né noi né loro abbiamo posto l’attenzione sul prodotto e sulla competizione del prodotto, è stato un aspetto sempre molto marginale. L’idea è stata quella di una visione “enterprise”, cioè creare sul territorio lucchese una realtà che potesse giocare un ruolo da protagonista nel panorama internazionale. Per noi incontrare Manuel e Marco è stato estremamente positivo, perché da imprenditori con un percorso di successo si può solo imparare. Nubess era nella situazione in cui conoscevamo i nostri punti di forza, ma soprattutto conoscevamo i nostri limiti. D’altra parte, se non li avessimo avuti, quella sera di 4 anni fa probabilmente si sarebbe fermata ad un aperitivo insieme. Consapevoli dei nostri limiti e che l’unione fa la forza, e condividendo i principi e la cultura aziendale, il progetto è nato da solo, si è incanalato in modo naturale perché esistevano già tutti i presupposti necessari. Parlando insieme abbiamo capito che, almeno da parte nostra, non era sana una crescita lenta, rispetto ad una aperta ed esponenziale che dà, non solo agli investitori ma anche a tutti coloro che partecipano attivamente al progetto, la possibilità di crescere e salire di livello, andare su una dimensione più importante. Mi riferisco soprattutto ai tanti giovani che abbiamo in azienda, perché senza dover lasciare Lucca, la loro terra, potranno vivere un’esperienza internazionale in un’azienda che andrà a competere su palcoscenici importanti. L’alternativa, per questi ragazzi, sarebbe stata lasciare la città e andare in aziende dove poi avrebbero potuto non trovare gli stessi valori su cui noi fondiamo il nostro progetto.
MP: L’età media delle due realtà è di circa 30 anni. Sono tutte persone giovani, con un sacco di energia che deve essere incanalata nel giusto modo. Quando eravamo giovani, una ventina di anni fa, abbiamo cominciato con Tagetik e abbiamo capito che se l’imprenditore capisce il potenziale dei giovani e sa incanalare le loro energie e a dare loro spazio, oltre ovviamente ad avere l’idea imprenditoriale e un certo tipo di cultura, si può fare tanta strada.
Lo avete già anticipato: non si tratta di una semplice fusione di aziende, ma di un progetto vero e proprio a cui avete dato un nome, Level Up, che è particolarmente significativo e annuncia subito le vostre intenzioni. Quali sono gli obiettivi che vi siete posti sia nel breve che nel lungo termine?
MV: Il progetto non nasce come pura operazione finanziaria, ma come un progetto industriale, che comprende anche la componente finanziaria, ovviamente. È stato fortemente voluto da tutti e nasce da un’evoluzione del nostro rapporto, proprio come quando nei videogiochi il level up, appunto: il personaggio acquisisce esperienza e nuove armi, si evolve in uno stadio superiore per poter affrontare sfide più alte. Il progetto nasce con questo intento: unire due realtà, mettere a fattor comune le competenze di entramb e cercare di far evolvere questa azienda con un piano industriale che prevede una serie di step, tra cui anche un percorso di internazionalizzazione. Il nostro obiettivo è iniziare un percorso di crescita, di affermazione del brand ovviamente sul mercato italiano, cercando di aumentare il numero di clienti importanti che abbiamo, perché questo ci dà la possibilità di avere un certo tipo di credibilità. Nel frattempo già nel corso del 2022 inizieremo a strutturare una rete di internazionalizzazione, quindi di vendita dei prodotti e delle soluzioni fuori dal mercato italiano, cercando di capitalizzare l’esperienza accumulata. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di potenziare le strutture, quindi abbiamo formulato un piano di assunzioni molto importante che prevede già da quest’anno 50 ingressi nella realtà nuova in tutte le aree dell’azienda.
Avete parlato di dipendenti. Le vostre realtà erano importanti già prima della fusione, adesso arrivate a toccare le 130 persone totali. Come hanno reagito all’annuncio di questo progetto? Hanno accettato questa vostra sfida?
MV: Tutti noi siamo molto attenti all’opinione delle persone che lavorano con noi, che io non considero dipendenti, ma un asset importante per l’azienda. Abbiamo parlato con loro e i feedback sono positivi. Proprio lunedì 28 febbraio abbiamo fatto il kick off mettendo insieme tutte queste 130 persone, sembra proprio che tutti intravedano le opportunità di un’azienda che vuole investire, vuole far crescere le persone, ma dando la possibilità a ognuno di giocare il ruolo che sente più suo e trovare qui dentro la dimensione che meglio rispecchia le sue ambizioni. Vogliamo che sia un’azienda aperta al dialogo perché è grazie a questo che vengono fuori idee, innovazione e uno spirito di collaborazione e team che coinvolge le persone al massimo.
MP: Lunedì era la prima volta in cui tutti e 130 eravamo insieme. Prima avevamo fatto un management meeting di 30 persone, per annunciare il progetto, comunicarlo bene a loro e far sì che loro si facessero portavoce con gli altri. Durante questo evento ho visto un sacco di energia positiva, anche perché almeno un centinaio hanno 30 anni o meno. Abbiamo fatto anche delle attività di team builiding che si sono svolte in modo molto naturale. La maggior parte di queste persone si trova in una fase in cui ha voglia di accettare delle sfide, soprattutto se si rendono conto di poter mettere la propria energia in un progetto che li vede non come comparse, ma come protagonisti. Li abbiamo visti tutti molto entusiasti e partecipi.
SB: Da quando abbiamo annunciato il progetto, abbiamo sempre riscontrato grande consenso da parte di tutti, sia dei più giovani che di coloro che sono storicamente da più tempo in azienda. Le persone non possono far altro che comprendere la grande opportunità che questa nuova iniziativa porta alle risorse che lavorano all’interno del team, dando a tutti la possibilità di trovare il proprio spazio e giocare una partita più interessante e di livello superiore. Non ho riscontrato nessun parere contrario, solo grande entusiasmo, come abbiamo avuto modo di vedere anche lunedì in quella che è stata una grande festa, che ha unito per la prima volta 130 persone e rappresenta il punto di partenza di questo nuovo progetto, con grande entusiasmo da parte di tutti.
MV: Aggiungo che nella sala dell’evento abbiamo posto un poster su cui abbiamo riportato i valori importanti su cui si basa la nostra azienda, il nostro manifesto. A chi si ritrovava in questi principi abbiamo chiesto di sottoscriverli e firmare il cartellone. Questo manifesto contiene una serie di capisaldi: “La forza del team”, “I confini ci vanno stretti”, “Trova il tuo spazio”, “La famiglia prima di tutto”, “Non ci copieranno mai la testa”, “Lucca al centro”, “Il cliente è il nostro padrone”, “Non mollare mai”, “Rispettiamo gli altri”, “Se non ti piace qualcosa, lotta per cambiarlo”, “L’unione fa la forza”. Ciascuno è stato spiegato in modo dettagliato e rappresenta la nostra filosofia e cultura aziendale. “Lucca al centro”, per esempio, rappresenta la forte connessione con le comunità locali, per creare opportunità e benessere sul territorio, senza mai dimenticare la nostra cultura di origine.
Unione e lavoro di squadra sono la base della vostra azienda. Voi siete tre personalità molto forti: come riuscite a metterle insieme nel processo decisionale?
MP: È vero che siamo tosti, però ho imparato che bisogna sempre mettere da parte i propri interessi personali per qualcosa di più grande. Questo me lo ha insegnato mio padre: è meglio avere una fetta di una torta grande che tutta la torta più piccola. Insieme si possono fare davvero delle cose che da soli sarebbero impensabili. Se c’è comunione di intenti e di idee, è giusto mettere da parte l’ego e far qualcosa che vada oltre. L’esperienza di Tagetik ci ha aiutato a far convergere l’opinione di tutti. È fondamentale, innanzitutto, scegliere persone giuste che condividono con te questo tipo di approccio, poi devi sforzarti di trovare a volte posizioni di compromesso o fare un passo indietro.
MV: Credo che tutto sta intanto nel conoscere chi hai a fianco, conoscerne pregi e difetti, e sapere dov’è il punto in cui uno deve lasciare andare la discussione e fermarsi. Credo sia la base del vivere insieme, del prendere decisioni insieme, riconoscendo ciò in cui sei più debole e che magari è il punto di forza dell’altro. Lavoro con Marco dal ’97, ormai il rapporto è consolidato, ma lo stesso è accaduto con Simone, ci siamo sentiti subito sulla stessa lunghezza d’onda. Il tema non è la personalità forte, bensì essere ragionvoli, riuscire a parlare, argomentare, sapendo anche di portare avanti una discussione con punti di vista diversi, ma in cui c’è rispetto dell’altro.
SB: In questi tre anni da Manuel e Marco ho imparato tantissimo, mi hanno trasmesso tantissime cose che mi sono servite molto. Non abbiamo mai avuto discussioni, se non normali scambi di opinione ed è proprio questo che, nel nostro percorso di conoscenza, ci ha portato a decidere di intraprendere il progetto insieme, il fatto di condividere gli stessi valori e la stessa cultura. Poi credo che quando delle persone forti si uniscono insieme, se hanno chiaro l’obiettivo, arrivano prima a raggiungere il risultato. Se sei solo forte, non arrivi da nessuna parte, ti fermi prima.
Se poteste esprimere un desiderio oggi per questo progetto, quale sarebbe?
SB: il mio desiderio si è già avverato, perché era di iniziare questo percorso insieme. Quindi, alla fine, è semplicemente di continuare, andare avanti insieme nel tentativo di raggiungere l’obiettivo di creare una realtà autorevole sul mercato nazionale e internazionale. Il mio desiderio è semplicemente la continuità.
MV: Di desideri ne ho tanti, perché quando si ricomincia e ci si rimette in gioco è proprio perché si hanno tanti desideri. Non so se accadrà qui, ma mi piacerebbe fare ciò che ha potuto fare Pierluigi (padre di Marco Pierallini, Chairman di Akeron, ndr) di poter avere un percorso professionale insieme ai miei figli. Dipende da loro, da noi, dal contesto, ma è un mio desiderio che spero si possa realizzare, forse in questa Akeron, chi lo sa.
MP: Il mio desiderio è forse il più semplice: ci siamo dati degli obiettivi, non tanto finanziari, per quanto importanti, bensì di far crescere una realtà e un gruppo di giovani. Molti ragazzi che hanno vissuto un’esperienza simile con noi in Tagetik, oggi hanno una professionalità elevato a livello sia nazionale che all’estero, dirigono multinazionali a New York, per esempio. Ecco, questo progetto per me sarà davvero di successo se questi talenti riusciranno a fare un percorso con noi, che li porterà ad essere persone di valore non solo per Lucca e l’Italia, ma anche a livello internazionale. Il mio desiderio è vedere crescere queste persone come sono cresciuto io e come ho visto crescer altri nel nostro precedente percorso professionale.