Continua il ping-pong tra Amministrazione e Coima/Fondazione: una partita che domani, martedì 6 luglio, dovrà giungere al termine con la probabile fattibilità del Sindaco Tambellini a quel progetto che ormai, alla luce dei fatti, non può altro che sembrare una privatizzazione bella e buona.
Abbiamo assistito a un ultimatum del Comune, con conseguente e immediata risposta di Coima: un teatrino che, se alla prima lettura poteva sembrare una presa di posizione da parte di un Comune che cercava di recuperare un po’ di autorevolezza, alla lettura dei documenti non è altro che una messa in scena pilotata dai protagonisti.
Stando a quanto l’Amministrazione ci ha raccontato, anche se con fatica, l’ultimatum previsto per il 6 luglio alla SGR milanese, doveva basarsi sull’accettazione o meno della convenzione stipulata il 25 marzo 2021 dal Comune e che prevedeva una serie di condizioni che tutelavano lo stesso e che – a detta degli esperti – metteva i privati in una difficile condizione di accettazione.
In realtà, in un documento firmato da Graziano Angeli, datato e protocollato il 28 giugno 2021, rivolto a Coima, si può leggere: “la fase che ne è seguita è consistita in interlocuzioni informali che hanno dato luogo, in particolare, all’invio – per le vie brevi – da parte del Proponente di annotazioni sulla bozza di convenzione”.
Cosa significa questo? Cosa intende Angeli per “vie brevi”? Evidentemente da marzo ad oggi, l’Amministrazione e Coima si sono spese in interlocuzioni tenute private allo scopo di aggiustare quella bozza proposta da Tambellini e convincere i maestri del cemento milanesi – e di conseguenza la Fondazione, che guarda tutto dall’alto senza mai esporsi – a trovare un accordo che potesse portare a termine tutta la vicenda.
A dimostrazione di ciò, l’ultima bozza di convenzione che il Comune ha mandato a Coima, sempre in data 28 giugno 2021, è titolata come “bozza numero 4”: e le altre tre? Perchè da marzo ad adesso nessuno ha messo a conoscenza i cittadini delle interlocuzioni tra i protagonisti? È chiaro che, trattandosi di un bene comunale, per legge, le “vie brevi” non sono ammesse e ogni comunicazione tra privato e pubblico deve per forza essere protocollato in Comune, cosa non avvenuta in questo caso.
Nella smania di un’Amministrazione che ormai cerca in qualsiasi modo di portare a termine questa operazione – per motivazioni che non conosciamo, e diciamo per fortuna – si legge in questa ultima proposta a Coima una clausola che tristemente non è altro che l’emblema di una classe politica che abbassa la testa ai poteri forti e che perde, non solo la gestione della cosa pubblica, ma anche la dignità nei confronti di una città che ha fatto di tutto per salvare un pezzo di storia di Lucca.
Il Sindaco Tambellini infatti, conscio dei limiti insormontabili di questo progetto ha ben pensato di proporre a Coima una soluzione irrinunciabile.
Stando agli ultimi avvenimenti, i problemi principali nella realizzazione del project financing proposto dalla SGR milanese e dalla Fondazione sono due: il primo è legato agli scavi che sono stati eseguiti – ripetiamo all’insaputa della città – e che, nonostante i Consiglieri Guidotti e Cantini in un articolo ieri abbiano asserito che il Comune è a conoscenza di ciò che giace sotto la Manifattura, il RUP Antonella Giannini, in un documento ufficiale, sostiene che l’Amministrazione non sa quale sia l’esito dei saggi archeologici: mistero delle dinamiche interne al palazzo del potere, probabilmente.
Tornando agli scavi, sono proprio essi che un domani potrebbero – con tutta probabilità – bloccare la realizzazione del parcheggio interrato, perno del project di Coima, in quanto la Soprintendenza non potrebbe dare l’ok considerati i resti ritrovati.
Altro limite difficile, se non impossibile, da superare sta nell’imposizione dei tempi di Tagetik, che ha già un accordo con Coima e Fondazione. Tempi che, per legge, dovranno essere allungati in nome di un piano attuativo. Se inizialmente i protagonisti sostenevano che tutto il complesso dovesse essere soggetto a piano attuativo tranne gli edifici destinati a Tagetik, che poteva insediarsi immediatamente – guarda caso –, il parere del dirigente comunale Luca Nespolo non ha lasciato spazio ai dubbi: anche gli edifici che vedranno (forse) Tagetik nella Manifattura devono essere sottoposti a piano attuativo che, in media, ha una durata di due anni e che quindi sfora notevolmente le tempistiche richieste dalla multinazionale.
Alla luce di ciò la soluzione del Comune, riportata appunto come clausola all’interno dell’ultima bozza di convenzione per Coima, è quella di passare la proprietà dell’immobile subito (a 30 giorni dalla firma del contratto) al Fondo gestito da Coima, con la garanzia che l’immobile resterà loro anche se non dovessero esserci le condizioni (sopracitate) per realizzare il project financing proposto ormai da un anno.
Il Fondo, quindi, una volta diventato proprietario dell’immobile mediante un project finaning che, con tutta possibilità, non avrà modo di realizzarsi, potrà fare del “ruderone” ciò che preferisce. Se non è una privatizzazione questa?
Aspettiamo domani la decisione dell’Amministrazione sulla fattibilità, che sembra ormai chiara, ma ci piace sempre illuderci che qualcosa possa sorprenderci. In ogni caso, una cosa è certa: la nostra Amministrazione, pur di piantare una bandierina sul progetto Manifattura e dire “ce l’ho fatta” è stata in grado di proporre una cessione “ad ogni costo” e “nonostante tutto” dell’immobile, con la consapevolezza – e quasi certezza – che i nuovi proprietari potranno farci cosa vorranno. Le alternative ci sarebbero state, come per esempio – visti i limiti – l’eliminazione del project finacing e il mettere all’asta solo l’immobile, oppure la richiesta dell’Amministrazione di far eseguire i lavori a Coima, a dimostrazione della vera riuscita del progetto e solo dopo, a esito positivo, passare la proprietà ai milanesi.
Ma no, non è andata così: troppo era il rischio che la SGR non accettasse queste condizioni, troppo era il rischio che altri competitor si facessero avanti ma soprattutto che la Fondazione venisse messa all’angolo, e allora si è preferito sacrificare una città in nome del prestigio e chissà, magari anche di qualche accordo e patto che in futuro forse scopriremo.
Resta solo una domanda, alla fine di tutto questo circo: ma il bando? Va bene che fin dall’inizio era chiaro che fosse una formalità, ma così è davvero una presa di giro!