Perché ogni volta è per sempre. O almeno questa è l’illusione – ma mica tanto illusione, se rimane la traccia materiale dell’azione “creativa”. Quell’istante cristallizzato e ripetuto, “rapito” dalle leggi del tempo che è ingordo e divora tutto, è proprio un’attrazione irrinunciabile. Soprattutto in questa era di smartphone efficientissimi oltre maniera: e dire che negli anni Ottanta, prendevamo in giro i turisti giapponesi con la loro manìa di fotografare tutto ( e di portare la mascherina, n.d.r.).
Poi però c’è qualcos’altro. Poi però, magari e anche quindi, c’è l’istinto che diventa ragione e progetto: racconto artistico. Così accadrà con Big Bang, una originale collettiva che unisce artisti professionisti e artisti inconsapevoli in una narrazione fotografica per immagini, in un periodo in cui Lucca – città d’arte anche per questo – ne matura diverse e differenti di espressioni interessanti.
Big Bang prende il suo nome dal modello teorico omonimo, secondo il quale l’Universo ebbe origine con una “esplosione”, che riempì tutto lo spazio, a partire da un punto materiale. Dopo questo momento ogni particella cominciò ad allontanarsi velocemente da ogni altra particella. Nei suoi primi attimi l’Universo si può considerare come un gas caldissimo di particelle elementari in rapida espansione.
Un po’ quello che accade all’idea istintiva che “esplode” la narrazione di un’esistenza. La sua narrazione per immagini. Le particelle in espansione sono i frammenti catturati di ogni storia, che decidiamo di raccontare. Anzi, a volte non decidiamo:lo facciamo e basta.
Questa forza primigenia e generativa, l’istinto a raccontare per immagini il “microcosmo” umano delle emozioni e delle relazioni con la vita, accomuna tutti gli artisti di BIG BANG. Un incontro e raccordo insolito eppure necessario, che poteva solo essere fatto in “assenza” della voce narrante: i protagonisti si raccontano da sé. E in uno spazio alternativo come GreenheArt ( spazio espositivo di arte contemporanea – e non solo – singolarmente e deliberatamente nel cuore di un Vivaio, quello che porta il nome e il ricordo di Paola Favilla).
Alcuni di loro sono esordienti assoluti, altri artisti di esperienza che non dimenticano che ogni azione espressiva è un “esordio”, un “big bang” appunto.
Altro aspetto fondamentale è il rapporto tra idea intuitiva ed espressione istantanea, il cui significato sgorga a posteriori e passa da un “non testo”. L’obiettivo ( concettuale e pratico) è riuscire ad espandere il tempo e lo spazio di una sensazione di eternità, da rendere tale: istantanea ed eterna. E questo vale per tutti gli artisti coinvolti. Chi sono?
I MIEI NONNI MI HANNO REGALATO UNA VECCHIA YASHICA di SAMUEL COSTA.
Artista della parola e musicista in espansione naturale verso l’immagine, ad aggiungere la sua quarta dimensione espressiva e affermare il suo “io ci sono” e “ergo, ricordo”, voglio ricordare, perché il ricordo tradotto e tramandato è l’eternità dell’anima. Le nostre relazioni con le persone e con gli oggetti, dicesi mondo.
ENTELECHÌA di Daniela Lazzareschi.
Rappresenta l’essenza stessa dell’espansione della vita verso ciò che è in quanto designata come suo significato e “racconto” innato: la vita è un percorso per ricordare il personale big bang, lo “scopo implicito”. All’osservazione e all’intuizione dell’artista viene assegnata la missione “poetica” di svelarlo, di renderlo cioè visibile ed esplicito.
I NEED PROTECTION di Alessandra Bandoni.
Sta nel “senza” la nostra essenza. Nell’invisibile noi siamo vita che nell’uni-verso possibile: l’essere. In questo invisibile noi cresciamo le nostre indicibili paure e gli inimmaginabili desideri. L’artista lo intuisce, e chiede ai suoi “attori” di affidarglieli, per renderli tangibili attraverso il proprio estro fotografico e plastico. Germoplasmi protetti in traiettoria espansiva.
ODE TO MY FAMILY di Erjola Zhuka.
Siamo arcipelaghi, non isole. La nostra “famiglia”, tuttavia, si compone di relazioni naturali e di altre irrazionali, con eventi casuali, circostanze, oggetti. Pulviscolo atmosferico che si muove vorticoso, “particelle elementari” che si aggregano e diventano i pianeti, i mondi, le galassie: tutto conta, niente è superfluo. E tutto “canta”.
VALERIA di Ugo Manzini
Un’azione metonimica: la parte per il tutto. Dell’aggregazione esistenziale, della famiglia, l’artista sceglie la sua generatrice di bellezza: donna, compagna di vita, madre. Su di lei il suo sguardo diventa a sua volta generativo, e tutto pare sfiorare nuove dimensioni, in un uni-verso anche in questo caso: l’amore.
Big Bang espone le sue opere dal 2 luglio fino al 3 agosto a GreenheArt, spazio non convenzionale a Picciorana di Lucca. E lo fa con la curatela di Galleria Assente e Senzatesto Produzioni.