Assenze sul lavoro e all’università, dolori cronici, abuso di antidolorifici, depressione ma soprattutto incomprensione. È questo quello che ogni donna si trova a vivere prima della diagnosi: endometriosi.
Una malattia che, prima di avere l’onere di essere definita tale, ha assunto la connotazione (tra le più comuni) di isteria: “Nessuno mi crede, fare l’amore è come stare seduta sulle spine”. La ‘malattia invisibile’- è così che viene definita, solo in Italia colpisce ad oggi tre milioni di donne con effetti invalidanti sia dal punto di vista fisico che sociale, psicologico e sessuale appunto.
Nel 2012 fu la senatrice Laura Bianconi a promuovere iniziative politiche per riuscire ad arrivare ad una sorta di riconoscimento della malattia e fu mandato in onda il primo spot televisivo. Ad oggi è considerata una malattia invalidante ed è possibile fare domanda di invalidità all’Inps. Nonostante questo, i ritardi diagnostici variano dai sei ai dieci anni e questo perché, vista la scarsa conoscenza della malattia, i sintomi sono più volte ridotti ad ansia, stress o ad altri problemi psicologici.
A promuovere un incontro online per sensibilizzare sul tema è il Comune di Lucca. Ospiti nella diretta di sabato scorso (21 maggio), il direttore della struttura di Ginecologia e ostetricia di Lucca, Gian Luca Bracco, Matteo Ceccarello della struttura di Ginecologia e ostetricia dell’Ircss ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Verona (centro di riferimento per l’endometriosi) e la psicologa responsabile della struttura consultoriale della Piana di Lucca, Patrizia Fistesmaire.
“In termini medici – spiega il direttore Bracco -. è la presenza di cellule endometriali (quelle che rivestono l’utero), fuori dall’utero. E’ una malattia progressiva e con andamento cronico. I focolai di endometriosi (cisti) si formano soprattutto nelle ovaie, nella vescica e nell’intestino. Più raramente possono formarsi anche a livello della cute o di altri organi e in questi casi diagnosticarla è molto più difficile. In relazione con il ciclo mestruale, questi focolai crescono e sanguinano creando un continuo stato infiammatorio. La causa dello sviluppo di tale patoloia purtroppo è ancora oggetto di studio, ma è stata riconosciuta come malattia invalidante e questo è stato un grande traguardo per le donne“.
“Tra i sintomi – spiega il direttore della struttura di Ginecologia e ostetricia di Lucca – primo fra tutti il dolore, più specificatamente definito ‘dolore pelvico cronico’, soprattutto durante il ciclo mestruale e durante un rapporto sessuale. Un dolore progressivo, associato a senso di malessere, disturbi addominali. Di strano c’è che solitamente gli stadi meno gravi della malattia sono accompagnati da dolori maggiori. Una delle conseguenze più gravi – aggiunge – di questa malattia è l’infertilità: lesiona gli organi interni e crea dei fattori biochimici particolari che influiscono sulla maturità degli ovuli. Quando poi si insidia nell’utero, diventa adenomiosi e diturba l’annidamento dell’ovulo fecondale. Sono vari i fattori di rischio: si sviluppa di solito in età riproduttiva e dipende dall’attività ovarica; è più frequente nelle donne con menarca precoce; il fumo; l’alcol; storia familiare positiva per endometriosi. Secondo uno studio poi, il rischio sarebbe maggiore per le donne che usano tamponi vaginali o sono solite avere rapporti durante il ciclo“.
A causa dello stigma sociale legato alla malattia e alla sua invisibilità, le diagnosi dell’endometriosi avvengono sempre con molto ritardo, di solito di circa 6-9 anni: “La colpa è stata anche di noi ginecologi che non abbiamo preso sul serio quello che le donne ci dicevano – continua il dottor Bracco -. A livello medico si può diagnosticare in tanti modi, ad esemoio con l’imaging, ovvero l’ecografia transvaginale, ma quello migliore è l’ascolto. Ascoltare le nostre ragazze quando cercano di spiegarci il loro dolore, il loro disagio. E’ vero che molti dei sintomi sono riconducibili anche alla giovane età, ma è comunque doveroso fare opportuni accertamenti”.
Intervenire chirurgicamente si può, grazie alla laparoscopia: “In questo modo è possibile eliminare la ciste e quindi anche gran parte della malattia – dice il direttore -. Solitamente prima di arrivare all’operazione però, si utilizza la terapia della pillola progestinica, in grado di ridurre il dolore perché elimina il ciclo mestruale. Fondamentale rimane, durante il percorso medico, il saper riconoscere e gestire l’endometriosi, anche negli anni dopo l’operazione, con programmi individuali, soprattutto nella ragazze più giovani, perché non vi sia una recidiva e la donna possa affrontare serenamente una futura gravidanza“.
Nella storia viene descritto come il ‘mostro invisibile’ a cui nessuno per molto tempo ha creduto o ha saputo dare un nome. Le donne che ne sono colpite, a causa dell’ivalidità che la malattia crea, il più delle volte si chiudono in se stesse perché se ne vergognano o vengono giudicate ‘pazze’ come sottolinea la dottoressa Patrizia Fistesmaire, psicologa responsabile della struttura consultoriale della Piana di Lucca e finiscono anche per inibire la loro sessualità a causa del dolore e dell’incomprensione necessitando di un percorso di cura.
Ad oggi però la medicina ha fatto progressi e sdoganato molti dei tabù più comuni legati alla sessualità femminile. La strada per riconoscere diritto al dolore invisibile dell’endometriosi è solo all’inizio, come la sua ‘accettazione sociale’, ma è più comune di quello che si crede e chiedere aiuto si può.