Confcommercio, il vero motivo delle dimissioni di Stefani: “Pasquini, una volta Presidente, ha iniziato a lavorare per sè”

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Settimane di caos all’interno di Confcommercio dove il Presidente della Fipe, categoria dei ristoratori, Benedetto Stefani, ha addirittura deciso di dimettersi dall’incarico. C’è chi ha pensato lo abbia fatto a causa del progetto della riqualificazione della Manifattura, che appare oggi – a quanto dicono i soci dell’associazione di categoria – diverso da quanto presentato in precedenza, anche se, dalle parole di Stefani si evince che le tensioni all’interno di Confcommercio erano da tempo già presenti e preoccupanti.

Abbiamo parlato con lui, partendo dai rapporti tra i vertici di Confcommercio e le categorie, all’ascesa del Presidente Rodolfo Pasquini e le dinamiche che si sono instaurate dopo il suo incarico, fino ad arrivare al reale motivo delle dimissioni di Stefani, passano inevitabilmente anche per la Manifattura, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Come è organizzata Confcommercio e che rapporti ci sono tra i vertici e le categorie?
Confcommercio è un’associazione di categorie, dove c’è un presidente provinciale, un consiglio, una giunta e dei regolamenti interni per tutte le categorie. Io ero Presidente a livello provinciale di una di queste categorie, la Fipe, che è quella che rappresenta i ristoratori, da almeno 20 anni.
I rapporti con i vertici sono cambiati molto ultimamente, direi da quando l’ex Direttore Rodolfo Pasquini, scelse la via di candidarsi come Presidente di Confcommercio, ruolo che oggi ricopre
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Presidente Pasquini alla guida: cosa è cambiato quindi?
Sicuramente siamo stati noi, in quanto giunta, a dare il benestare all’ex Presidente Cordoni e ad accogliere Pasquini che prima era funzionario, nonostante si insediò in pochissimo tempo, giusto qualche mese. Durante quel periodo alcuni consiglieri e membri di giunta mi avevano detto, e chiesto, di prendere in considerazione il fatto di candidarmi a Presidente e me lo avevano chiesto certi che avrei fatto del mio meglio per il Sindacato.
Quando Pasquini venne a conoscenza di questa ipotesi mi fu detto che non andava bene, anzi me lo disse personalmente affermando che se mi fossi candidato io, allora lo avrebbe fatto anche lui, motivo per cui ho abbandonato l’idea di pensare a una possibile elezione come Presidente, considerando anche il periodo che stavamo vivendo, con il covid, il lockdown e il locale chiuso.
In quel momento penso che in me qualcosa si sia rotto: pensai che, visto i rapporti e i tanti anni a disposizione dell’associazione, le grandi lotte e i grandi successi che ho sempre portato avanti in tutta Italia con il sindacato, mi sarei meritato un comportamento più corretto. Avrebbe potuto dirmi sinceramente che voleva essere lui il Presidente, che già ci aveva pensato e che già stava lavorando per diventarlo. Da lì la delusione e l’amarezza e il pensiero delle dimissioni, considerando un rapporto che ormai si era incrinato irrimediabilmente.

Hai notato dei cambiamenti riguardo il tuo incarico dopo quell’episodio?
Semplicemente Pasquini mi teneva all’angolo, fermo, senza la possibilità di portare avanti provvedimenti, soprattutto in un periodo come quello del Covid. Mi sono accorto nel tempo, con l’avanzare della pandemia, dove le richieste erano veramente tante, che le cose non venivano mai portate a termine: o meglio, all’interno del Direttivo si chiedevano e si dicevano delle cose che però venivano sempre prese in carico dai vertici che, con continui stop and go, lasciavano ferme, impedendomi quindi di farmi lavorare.

Ti sei sentito messo all’angolo? Perché questo comportamento secondo te?
Io ero Presidente di categoria e un presidente di categoria è giusto che abbia la sua autonomia, anche solo nel rispetto degli anni di esperienza e delle battaglie vinte, come quelle contro le sagre per esempio. Per come sono fatto io, avendo scelto di fare questa cosa per passione, le cose le porto avanti mettendo al primo posto il sindacato, facendo baccano con le amministrazioni e cercando di risolvere al meglio i problemi e le richieste della categoria che rappresento. Ultimamente non era più così, non avevo campo libero, venivo frenato in tutto da decisioni che calavano dall’alto. Esempio lampante e recente la manifestazione del Primo Maggio dove avevamo deciso di partecipare con lo slogan: “Il Primo Maggio o ci aprite o ci apriamo da soli” ma, una volta presa in carico dei vertici non ci è stato permesso portarla avanti e non se ne è fatto di niente.

Quindi sono queste le reali motivazioni delle tue dimissioni?
Appena dimesso è stato scritto su Lucca in Diretta, virgolettandolo senza che mi avessero contattato, che le mie dimissioni erano legate al progetto della Manifattura: così non è. La realtà è che da troppo tempo Pasquini coinvolgeva poco o niente il sindacato e si era venuto a creare un rapporto al quale non ero abituato e al quale non volevo sottostare: se non potevo più portare avanti le battaglie di chi ho sempre rappresentato, non aveva senso che rimanessi lì. La cosa reale che ha mosso in me la voglia di dimettermi è appunto la consapevolezza di un Presidente, Pasquini, che ha voluto arginare il mio operato a un ruolo solo di forma, facendo restare ferme le cose che riguardavano me e il sindacato per trovare l’equilibrio con le altre categorie. Nonostante mi siano state messe in bocca parole non vere e non mie – su quel giornale prima citato – in modo completamente inventato, queste sono le reali dimissioni che ho mandato personalmente al Presidente specificando che ho preso questa decisione “a causa della consapevolezza della mancanza di condivisione e trasparenza, ancorché inadeguatezza nella relazione dei ruoli da me preceduti in quanto l’attuale Presidente di Confcommercio ostacola e ignora ogni proposta del sindacato”. La verità è che da quando Pasquini ha pensato di intraprendere la strada di diventare Presidente ha iniziato a lavorare per sé. Le conclusioni che posso dare, che sono mie personali opinioni e che possono essere sbagliate, è che questo comportamento è stato fatto per mettermi volutamente all’angolo e magari anche costringermi a dimettermi.

Quindi la Manifattura davvero non c’entra niente con le tue dimissioni?
La questione Manifattura è una cosa che mi si è scagliata addosso, è stata magari la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso ma i problemi legati alle mie dimissioni erano altri, e con tutta probabilità mi sarei dimesso ugualmente. Premetto che la rigenerazione della Manifattura è un’opera importante per il centro storico e sono sempre stato favorevole, certo è vero anche che non me ne sono mai interessato davvero perché sono stato abituato ad agire sui problemi che mi riguardano e cioè quelli dei ristoratori, che sono una realtà diversa magari dai commercianti e che, per come era stato presentato all’inizio, il progetto sembrava una grande occasione da portare assolutamente avanti. Certo adesso, visti gli sviluppi, un po’ di preoccupazione mi viene.

Come vi era stato presentato il progetto Manifattura inizialmente?
Ripeto che io non me ne sono occupato ma a noi tutti è stato presentato a febbraio scorso durante il webinar con Fondazione Cari Lucca e Coima e, a detta anche dei miei colleghi, non era esattamente come quello che oggi appare. Si parlava di 1500 metri quadri di locali di prossimità, niente di invasivo, non sapevamo dell’affitto da 700mila euro che avrebbe pagato Tagetik e soprattutto non sapevamo che i parcheggi, che ci avevano detto sarebbero aumentati, in realtà più o meno rimarranno nello stesso numero con la differenza che molti verranno privatizzati per i dipendenti e verranno aumentate le tariffe, attive 24 ore su 24.

Come avete scoperto – e reagito – di fronte alle novità?
Abbiamo appreso tutto tramite l’incontro zoom organizzato dall’opposizione, dopo che la stampa aveva tirato fuori i progetti, dove i tecnici hanno spiegato tutto per filo e per segno ed è certo che si è capito che qualcosa non tornava e che la realtà non era quella che era stata raccontata. Non posso dirti cosa sia successo dopo perché io mi ero dimesso proprio il giorno prima, so per certo che i vertici di Confcommercio organizzarono una riunione nei giorni seguenti a quell’incontro zoom dove fecero venire addirittura un tecnico esterno per mostrare la realtà delle cose.

Cosa pensi, personalmente e da cittadino, della questione e perché il Presidente ora non si oppone a un progetto che potrebbe danneggiare le categorie?
Personalmente penso che nonostante ancora venga detto che tutto sarà rimandato al piano attuativo, dal momento in cui qualcuno fa un investimento del genere ci sono tutti i presupposti perché sia già tutto pronto e deciso: potrei sbagliarmi, certo, ma vedo che siamo già troppo avanti.
Per quanto riguarda Pasquini spero lo faccia presto, nonostante sia ormai passato del tempo. Se fossi io Presidente, avendo visto ciò che è successo, avrei sicuramente fatto un passo per vederci più chiaro, non rischiando di mettere in pericolo il commercio cittadino. Credo comunque che lo farà, probabilmente all’attuale Presidente manca un po’di lavoro sul campo, inteso come lavoro concreto nelle categorie, ma a livello istituzionale è una persona che ha lavorato come funzionario per tanti anni e per questo mi auguro che tuteli l’associazione. Se non dovesse farlo ci sarebbe da pensar male, ma non voglio farlo, perché, anche se carente magari di esperienza, è sicuramente una persona corretta.

Bianca Leonardi
Bianca Leonardi
Classe 1992, Lucca. Una laurea in giornalismo e tanta voglia di dar voce a chi troppo spesso resta in silenzio. Lavoro da anni nella comunicazione e nell'organizzazione di eventi, saltando tra musica, teatro e intrattenimento. Perché "Lo Schermo"? Perché siamo giovani, curiosi e affamati di futuro.

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