Luana era un’operaia di soli ventidue anni, aveva un bambino piccolo e quella mattina era a lavoro come ogni giorno. Come si legge, il suo corpo è stato risucchiato dai rulli dell’orditorio, una macchina che crea la trama dei tessuti. Una morte ingiusta, perché Luana era una ragazza, una mamma, troppo giovane e troppo bella per andarsene così. La Procura sta indagando e secondo i primi accertamenti: “Sarebbe stata rimossa dall’orditoio la saracinesca protettiva, un meccanismo destinato a prevenire infortuni sul lavoro“ .
La triste vicenda di Luana D’orazio, che nelle ultime ore sta riempiendo le cronache dei quotidiani e delle televisioni però, purtroppo, è solo uno degli anelli della lunga catena di vittime del lavoro. Un altro operaio infatti, Christian Martinelli, é morto ieri (5 maggio), in fabbrica, schiacciato da un tornio meccanico.
Oggi su Twitter tutta la politica è in allerta, anche quella locale non manca di parole di solidarietà sui Social, ma domani? Perché morire risucchiati da una macchina mentre si lavora non è destino, è frutto di negligenza, mancata prevenzione, assenza di controlli.
L’ispettorato nazionale del lavoro, su 10mila aziende ispezionate a campione, ha evidenziato un tasso di irregolarità del 79,3 per cento. Numero che moltiplicato per milioni di piccole e grandi imprese denuncia una quasi totale assenza di politiche attive in merito e anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (progetti da finanziare grazie ai circa 200 miliardi in arrivo con il Next generation Eu), il tema della sicurezza sul lavoro non viene mai citato.
Basta scorrere qualche articolo della cronaca locale per rendersi conto della portata del problema: 3 febbraio 2020, Operaio muore schiacciato dal muletto mentre lavora in strada; 5 ottobre 2020, Operaio schiacciato ad una gamba da un escavatore; 21 novembre 2020, Si schiaccia un braccio mentre lavora nella ditta di autodemolizioni. Se di promesse la politica ne fatte tante, in pratica nulla si è concretizzato. E anche i numeri dimostrano che in fatto di sicurezza c’è ancora molto da fare: in Italia ogni giorno due persone muoiono sul posto di lavoro.
Secondo i dati Inail, le denunce di sul lavoro presentate nel primo trimestre di quest’anno, nonostante la pandemia e lo smart working, sono in aumento dell’11,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Lucca nel mese di marzo 2021 ha registrato 386 denunce d’infortunio sul lavoro, 193 in più rispetto a marzo 2020 (erano 193). Nel periodo da gennaio a marzo, sono state mille e 155 le denunce, 98 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (erano 1057). Lucca si trova al secondo posto fra le province Toscane (dopo Firenze) per numero di ‘incidenti’. La maggior parte ha un’età compresa fra i 45 e i 60 anni. Le denunce d’infortunio con esito mortale in Toscana (gennaio-marzo) sono 10, una in più dell’anno scorso. Due a Lucca. Otto di loro sono vittime del settore dell’industria (installazione e riparazione di macchine, fabbricazione del legno, altre attività manifatturiere), due del settore agricolo. In Toscana sono in aumento anche le denunce di malattie professionali (patologie che insorgono a causa dell’attività lavorativa). Lucca si piazza al primo posto fra le province per incidenza di casi ma il dato è in leggero miglioramento: sono 462 le segnalazioni (42 in meno rispetto all’anno precedente).
Dati che però, oltre alla fredda statistica, erano persone. Come Luana, morta mentre esercitava un suo diritto. Non basta esprimere indignazione sui Social dopo un ‘caso eclatante’ o invocare condanne e più controlli, serve una classe politica che riveda l’intero sistema produttivo (ormai fondato sulla precarietà del lavoro e che riduce i costi tagliando fondi alla sicurezza), che crei un sistema di prevenzione. Tre governi in meno di due anni, a chi dobbiamo chiedere perchè il dolore espresso per la morte di Luana non sia solo un lampo di buonismo generale destinato a finire in una lista indifferente di numeri?