“Paolo Rossi era un ragazzo come noi”, cantava Antonello Venditti.
Se ne va a soli 64 anni Pablito, l’eroe del Mundial ’82. Una subdola e rapida malattia si porta via uno degli uomini più rappresentativi dell’Italia sportiva del ‘900. In quell’afoso luglio di trentotto anni fa un uomo semplice, umile e sempre sorridente veniva baciato dalle più potenti divinità del calcio per scrivere una pagina indimenticabile della nostra storia. Quella vittoria fu di tutti. E sapete perché? Perché la compagine italiana al Mondiale spagnolo era composta da uomini. Veri uomini. Con vizi e virtù che contraddistinguono ognuno di noi, con fragilità e slanci di forza, con cadute e momenti di gloria. Tutto questo era quella Italia. Proprio come Pablito: capace di rinascere quando tutti lo davano per finito. Capace di imparare dai propri errori. Capace di perdonare chi lo aveva denigrato. Capace di trascinare una nazione intera ed unirla in un grande abbraccio. Capace di essere uomo.
E un pensiero nasce spontaneo:
Paolo Rossi è stato simbolo di rinascita, simbolo dell’Italia che vince e che sorride. Semplicità e talento al servizio di un popolo, senza mai elevarsi a star. Esempio tangibile e concreto per i più giovani. A portata di mano.
Oggi è diffusa la fuorviante impressione che i calciatori, con le Lamborghini e le guardie del corpo al seguito, siano miti irraggiungibili ed inarrivabili. Ed è molto triste.
Paolo Rossi, invece, era un ragazzo come noi.
Ciao Pablito.