L’ultimo Dpcm del 3 novembre 2020 che ha diviso l’Italia in tre fasce e che ha posizionato la Toscana prima in quella gialla e poi, il 13 novembre 2020, in quella rossa parla chiaro: è di nuovo lockdown, “soft” per citare il nostro Presidente, ma pur sempre di chiusura si parla.
Il pensiero torna alla scorsa primavera, quei mesi senza fine e quell’aria ferma, immobile, come tutti gli italiani. Oggi l’atteggiamento a tratti è diverso, abbiamo probabilmente meno paura, abbiamo sicuramente più bisogno di muoverci, di andare avanti e non possiamo permetterci il lusso di restare fermi mentre un’economia cade a pezzi sotto i nostri occhi.
Vietati gli spostamenti tra comuni, bar e ristoranti chiusi e si esce solo per motivi di salute, lavoro e comprovata necessità: questi sono i punti fondamentali del decreto legge.
La “comprovata necessità” esclude quindi molti settori già provati dalla scorsa primavera e cioè la stragrande maggioranza di quelli che appartengono al commercio. Secondo la nuova norma infatti, i soli negozi che possono restare aperti sono: quelli del settore alimentare, surgelati, informatica ed elettronica, tabacchi, telefonia, ferramenta e prodotti per la casa, attrezzature e servizi per l’agricoltura, elettricità, librerie, edicole, cartolerie, abbigliamento e calzature per bambini, articoli sportivi e tempo libero, autoveicoli e accessori, giocattoli, farmacie, erboristerie, fiori, animali, ottici e fotografi.
Restano quindi escluse molte attività che, soprattutto in questo periodo natalizio, risentiranno profondamente di queste decisioni.
Se da una parte si vedono commercianti che, con giusta ragione, protestano pacificamente in piazza in nome del diritto al lavoro, pur sempre rispettando tutte le vittime di questa pandemia, dall’altra c’è sicuramente chi fa il furbetto e crede, probabilmente, di passare inosservato. Ci sono arrivate infatti diverse segnalazioni negli ultimi giorni che denunciavano una situazione a dir poco scorretta e irrispettosa verso tutti coloro che, invece, sono costretti a transennare nei loro negozi tutti quei prodotti che, a malincuore, saranno destinati a rimanere invenduti e polverosi.
Si tratta di un noto negozio di Lucca gestito da imprenditori cinesi, quel classico negozio “bazar” dove, a cose normali, si trova di tutto e di più: da oggettistica per la casa, a abbigliamento, a prodotti di cosmesi, fino a giocattoli e articoli di elettronica. Quello che ci è stato segnalato è che, i protagonisti, nonostante le norme imposte, non si sono peritati ad autorizzare gli acquirenti a comprare qualsiasi cosa esposto in negozio, ed è così che siamo andati a controllare di persona.
Gel igienizzante e termo-scanner all’entrata presenti, una quantità enorme di decorazione natalizie transennate con tanto di cartello “questi prodotti non sono autorizzati alla vendita“, stessa cosa per quanto riguarda l’abbigliamento e le calzatura: tutto sembra filare liscio. Girando per i corridoi notiamo però che molte persone, la maggior parte, riempiono senza nessuna titubanza i carrellini principalmente con articoli natalizi, dalle palline, alle decorazioni, a babbo natale in miniatura, fino alle lucine per addobbare l’albero.
Fermiamo così un dipendente per fare chiarezza e al nostro: “Scusi, questi articoli – ben transennati, come già detto – non si possono comprare, giusto?” il ragazzo, un po’ perplesso e in difficoltà, ci pensa un attimo e poi sottovoce risponde: “prendete pure, comprate quello che volete“.
A tal riguardo parliamo anche con una cliente nel negozio che anche lei si stava chiedendo se potesse acquistare dei capi di abbigliamento e delle decorazioni natalizie: “E’ assurdo, non si capisce cosa si può comprare, è tutto transennato ma tutti acquistano quello che vogliono. Non è rispettoso per tutti gli altri commercianti che si attengono alle regole“.
Ed è così che questo noto negozio probabilmente non risentirà della crisi vista la costante affluenza e che, senza problemi, vende di tutto e di più fregandosene del Dpcm, fregandosene del rispetto di norme imposte e che dovrebbero valere per tutti, ma soprattutto fregandosene di tutti quei colleghi che rinunciano a incassare in nome della correttezza.
Capiamo il profondo disagio di tutti coloro che si sono trovati costretti a chiudere le proprie attività, con la paura di un futuro incerto, nel periodo più bello dell’anno ma con la tristezza nel cuore, e capiamo anche la difficoltà vera e tangibile di chi ha la necessità di arrivare a fine mese per mantenere la famiglia: non capiamo e non giustifichiamo però la mancanza di rispetto a discapito di chi invece abbassa la testa, rispetta le regole e attende tempi migliori.
Non puntiamo il dito contro nessuno ma, se anche lontanamente credevamo che il Covid potesse cambiarci, gli avvenimenti di ogni giorno nel nostro paese, come nella nostra piccola città, dimostrano come a tutti gli effetti l’egoismo e l’individualità abbiano preso il sopravvento su quel retorico senso di appartenenza che abitava gli animi fino a qualche mese fa.