Un negozio vintage di qualità in una location storica ed affascinante come Chiasso Barletti: la bella scommessa di due giovani ragazzi che, con intelligenza e dedizione, hanno trasformato la passione della vita in un lavoro. Abbiamo fatto un’interessante chiacchierata con Sophia Lippi e Filippo Suffredini, titolari di Fat Mama.
Fat Mama propone un vintage di qualità e ricercato: una sfida importante ed impegnativa. Com’è nata quest’idea?
Siamo sempre stati appassionati di vintage e, in particolare, ci è sempre piaciuto ricercare pezzi unici e autentici che potessero rappresentarci al meglio. Frequentavamo spesso mercati e negozi in giro per la Toscana e alla fine ci siamo resi conto che nella nostra Lucca, nonostante la richiesta, non c’erano ancora locali come il nostro. Quindi, dopo averci pensato un pochino, abbiamo deciso di buttarci in questa avventura!
Che tipo di clientela ha, oggi, il vintage e a che tipo di persone interessa?
In generale il vintage interessa tutte le categorie, e anche la fascia di età della clientela è differente in base al genere di abbigliamento di cui un negozio decide di occuparsi. La nostra, ad esempio, va dai 20 ai 35 anni. Abbiamo, però, anche dei clienti più grandi che ricercano la qualità dei materiali dell’epoca che hanno vissuto.
Il settore dell’usato e del vintage è affascinante, ma spesso scade in prodotti di bassa qualità. Cosa ne pensate? Cosa rappresenta, per voi, il concetto di riutilizzo?
Purtroppo si fa sempre poca distinzione tra vintage e seconda mano. Sono vintage quei capi che appartengono a un’epoca diversa dalla nostra, e quindi rientra in questa categoria un capo che ha almeno 20 anni. Questo va spesso di pari passo con la qualità, perché un tempo la cura e la rifinitura di un capo era molto più ricercata di oggi. Il concetto di seconda mano, invece, è diverso perché questa è una categoria che può comprendere anche abiti prodotti pochi mesi fa. Per lo più sono scarti di abiti acquistati ai fast fashion, di scarsa qualità e già pensati per essere indossati poche volte.
Come risponde il centro storico e, più in generale, la città di Lucca al prodotto che offrite?
Il centro storico ha sicuramente un pubblico molto esigente, che va saputo corteggiare e coccolare. Una volta fatta capire la ricerca e la dedizione dietro il nostro lavoro, però, tutti si sono affezionati a noi molto velocemente. Peraltro tieni conto che il nostro è uno dei pochi negozi di vintage presenti in provincia, quindi i nostri clienti spesso vengono da fuori le Mura. Inoltre da noi arrivano anche numerosi turisti, molto più educati degli italiani alla cultura del vintage. Diciamo che il nostro prodotto di punta è sicuramente il Denim. Un prodotto di cui nessuno ha mai messo in discussione il rapporto qualità-prezzo, chiaramente maggiore rispetto a quello “moderno” che è in produzione oggi. Oltre all’ottima risposta che ci ha dato la città, in generale siamo molto soddisfatti della nostra clientela. Una clientela che viene a trovarci da tutta Italia soprattutto per questo specifico articolo, approfittando della cosa per farsi anche un giro nella nostra splendida Lucca!
Chiasso Barletti è una scommessa difficile ma interessante: perché proprio questa location?
Secondo noi Chiasso Barletti era una bellissima via che il centro storico stava ingiustamente “maltrattando”. Una via pedonale molto stretta, peraltro, quindi particolarmente adatta al commercio. Gli affitti, poi, erano relativamente bassi e il nostro era un progetto che prometteva di farla rinascere. Tutto questo ci ha invogliato a investire, e con il passare del tempo tutte le promesse sono diventate realtà. Siamo felici e soddisfatti della scelta, perché per noi è un bellissimo posto dove passare le nostre giornate ed avere la nostra attività.
Per lungo tempo quella è stata una zona che ha rischiato di morire. Oggi com’è la situazione?
Oggi Chiasso Barletti è tutt’altro che morta. Dobbiamo dividere il merito con i nostri “chiassosi” vicini di negozio, che consideriamo ormai come una vera e propria famiglia. Come gruppo siamo tutti molto fieri di come i lucchesi abbiano riscoperto, grazie al nostro lavoro, un angolo della città che ormai era dimenticato da tutti.