Parlavo giusto ieri di questo argomento. Io stavo dicendo che abbiamo rinunciato a riflettere su quello che facciamo e la razionalità non è più il metro di giudizio dell’agire politico. Il che è un grosso problema perché vuol dire che si fanno leggi per inseguire un mutevole consenso e non per risolvere problemi. E così facendo si creano nuovi e più gravi problemi.
Il mio interlocutore, pur ritenendosi d’accordo in linea generale, osservava che c’è di più: c’è una fattiva azione anti-giovani. Un fil rouge che collega politiche diverse e diversamente orientate ma che hanno come obiettivo o vittima la fascia di popolazione under 40.
E ho cominciato con lui a riflettere se questo fosse vero.
Cercando un po’ di fatti per capire cosa volesse dire ci sono venute alla mente alcune situazioni molto diverse per contenuti e motivazioni ma che suffragavano la tesi.
La prima, tanto evidente quanto collettivamente rimossa: le pensioni. La notizia in cima alla pagina del Corriere on line di oggi, quella di cui mi hanno parlato in tanti in questo periodo, è che si potrà andare in pensione con un po’ di anticipo. È una notizia che i giornali hanno portato in prima pagina da diversi giorni, evidentemente più importante della caduta di Assad, della quasi resa di Zelensky alla Russia, della caduta del governo in Germania, del progetto di rilancio di Stellantis e l’elemento più rilevante di tutta la manovra finanziaria. Eppure non è così (o almeno, non è l’elemento più importante della finanziaria visto che riguarda solo una piccola platea di soggetti; per il resto ogniuno gli dia l’importanza che crede). Ma le pensioni sono il punto apicale di questo sopruso verso i giovani.
Questo è un paese che, su 800 miliardi di spesa dello stato, ne dedica ben 300 al pagamento di pensioni. Il 37.5% con una previsione a crescere e non di poco. E questi soldi non sono legati ad accantonamenti prodotti da un effettivo esborso a suo tempo fatto da parte dei pensionati. Quelli (quelli versati a suo tempo) sono stati dilapidati negli stessi anni (e con il voto favorevole della gran parte degli attuali pensionati) in mille rivoli di spesa pubblica: i ruggenti anni ’80. Ed erano comunque commisurati a pensioni molto meno generose di quelle che poi sono state accreditate. Le pensioni degli anziani, spesso generose pensioni, talvolta generosissime, sono state messe a carico di giovani che saranno poi costretti a riscuotere pensioni molto più striminzite di quelle che eroghiamo oggi. È una palese ingiustizia sociale e generazionale. E questo non importa a nessuno. Poco ai giovani, che si sentono ormai estranei al sistema e nulla agli anziani, che si tengono ben stretti i loro privilegi e sono pronti a punire con il voto chiunque possa anche solo metterli in discussione.
Ma non ci sono solo le pensioni. Nell’ultimo periodo sono emerse una serie di scelte che hanno, come comune retroterra, una riduzione delle guarentigie dei minori. Si va dalla legge sulle baby-gang, all’aumento della carcerazione minorile, il cui contenuto per entrambe è sostanzialmente quello di processare i minori come adulti. Magari osservando parallelamente che anche nel settore dell’accoglienza c’è una voglia di togliere i minori dal novero delle situazioni da attenzionare. Questo accade quando si fanno leggi che puntano a “verificare l’età biologica dei richiedenti asilo anche tramite accertamenti medici”. Che sarebbe anche giustificabile se stessimo parlando di una grossa percentuale di richiedenti che cerca di spacciarsi per minori non accompagnati mentre sono palesemente maggiorenni. Ma non mi risulta che ci siano tali numeri: i minori non accompagnati sono pochi punti percentuali sul totale dei migranti. Ma, restando sul tema dell’accoglienza, si manifesta anche quando si decide che i minori oltre 16 anni siano affidati alle strutture per adulti. Che hanno un approccio completamente diverso da quelle per minori.
Cercando ancora nella produzione legislativa recente, troviamo altri esempi nel nuovo codice della strada: in questo ci sono tutta una serie di previsioni che sono decisamente a sfavore dei giovani. Si va dalle regole per neopatentati, che allungano a ben tre anni le limitazioni di guida con un insieme di regole che fanno sì che solo una minuscola parte del parco auto sia guidabile dai minori, all’aggravante nell’uso degli alcolici o delle droghe nella guida dei mezzi. Come dire: se a guidare ubriaco è 20nne anziché un 50nne la cosa è più grave. Perché? Perché, se a commettere un errore, anche grave, è un giovane anziché un anziano dovrebbe essere peggio? Ancora, l’atteggiamento punitivo nei confronti dei monopattini elettrici: si tratta di veicoli molto usati dai giovani e in tutto assimilabili a biciclette. Ma per i monopattini si vanno a prevedere targa, assicurazione e casco, per le biciclette nulla. Perché?
Potremmo trovare anche altri campi in cui i giovani sono palesemente svantaggiati: dal lavoro (in particolare il pubblico) dove la sindacalizzazione ha prodotto evidenti vantaggi per anzianità di servizio, al diritto alla casa; dalla scarsa attenzione alla natalità alla sostanziale assenza di politiche per i giovani sul piano sociale e anche culturale ma pensiamo di aver reso chiaro il quadro.
Che significa tutto questo? Esiste davvero un accordo esplicito per limitare i giovani? Ovviamente no. Ma esiste un pregiudizio diffuso che un paese con un’età media troppo alta ha nei confronti dei giovani. Un pregiudizio che emerge dalla pancia dell’Italia e viene intercettato dalle forze più populiste: non a case è la Lega salviniana ad essersi intestate molte di queste ingiustizie, sebbene con la pacifica connivenza di praticamente tutto l’arco costituzionale: dalla sinistra alla destra (con 5Stelle e sinistra radicale e i sindacati particolarmente attivi su alcuni temi). Esiste cioè un atteggiamento paternalista e moralista, che vuole dare lezioni ma nasconde le proprie magagne; un comune sentire da parte di una quota di popolazione politicamente attiva, maggioritari nei numeri e anziana per età, nei confronti di una seconda quota di popolazione che, sentendosi esclusa dai gangli del potere è più lontana dalla politica (e che per questo considera come una cosa negativa). E il duplice effetto di essere minoritari nei numeri e schifati dalla politica porta i giovani ad essere la classe servente di un sistema classista basato sull’età.
Solo che questi giovani sono i nostri figli e il nostro futuro.
Cosa dovremmo dire di un paese che non ha alcun rispetto per il proprio futuro, nessuna premura per i propri figli?
Io e il mio interlocutore abbiamo solo potuto dire che l’Italia non è un paese per giovani.
P.S. da notare che ormai consideriamo giovani tutti quelli fino a oltre 40 anni: se non è un paese vecchio questo…