Elezioni liguri: un risultato in bilico tra disinteresse e rifiuto.

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Le elezioni in Liguria, più di ogni altre dal 1992, hanno rappresentato un momento di riflessione su una classe politica e su un certo protagonismo della magistratura. E il messaggio che in modo schiacciante gli elettori hanno dato con il voto è un clamoroso «chissene». «Chissene» della politica, dell’intreccio tra questa e gli affari, delle accuse che i magistrati hanno mosso, delle proposte di cambiamento dei partiti e, in fondo, anche della gestione della regione. E, infatti, il dato macroscopico che emerge è il dato dell’astensione: 54.04%, ormai significativamente la maggioranza degli aventi diritto. Con un aumento del 7.46% rispetto alle scorse regionali.

Non è un dato da poco: l’aumento è significativo ma lo è ancora di più il fatto che, né la destra né la sinistra siano riusciti a coinvolgere l’elettorato. Segno che questo è disorientato e le vicende dell’ex presidente Toti non hanno lasciato un’impressione chiara ma piuttosto una sensazione confusa e sgradevole.

Ma è anche, forse, il segno di una decisa disaffezione dell’elettorato verso un’istituzione, la regione, che ha una enorme potere di spesa (gestisce tutta la sanità e una rilevante parte di servizi) ma che non riesce a essere davvero collegata con la vita dei cittadini. Non è, infatti, un ente di prossimità ma non è neppure un soggetto in cui idealmente ci si identifica: ci riconosciamo ad un livello altro come italiani o, localmente, come lucchesi, romani, milanesi, torinesi; ma molto meno come toscani, laziali, lombardi, liguri ecc.

Una disaffezione sul voto regionale è una costante degli ultimi anni e non è semplicemente sovrapponibile ad una pur presente disaffezione al voto in generale.

Ma il voto ligure ha anche altri connotati. In primis ha decretato una, per molti versi inaspettata, vittoria del centrodestra. Che certo non partiva preferito: usciva da uno scandalo con tanto di arresto del presidente precedente (Toti) per vicende di collegamenti tra politica e affari, risoltesi durante la stessa campagna elettorale con un patteggiamento (che poi è un’assunzione di responsabilità) che dovrà essere confermato domani dal GUP. E già questa parziale ammissione in campagna elettorale è esplosa come una bomba che avrebbe dovuto azzerare le possibilità del centrodestra. Poi avevano tirato fuori un candidato, il sindaco Bucci, che non era visto come un fuoriclasse del voto ed, oltretutto, è anche notoriamente malato di una grave malattia il che non lo rende una scelta facile per un elettore.

Dall’altra parte il centrosinistra, pur dato per vincente, è inciampato nella crisi esplosiva dei 5 Stelle che si sono accompagnate ad un certo numero di divisioni interne, da sempre un tratto distintivo dell’area. Ma aveva comunque messo insieme il grosso della coalizione e aveva un candidato di grande visibilità.

Il risultato, comunque, è talmente risicato da legittimare la convinzione che la vittoria sia stata assegnata più per fluttuazioni statistiche che per capacità dell’una o dell’altra parte di convincere l’elettorato. La vittoria di misura del centrodestra, nel quadro di disaffezione generale, è quindi un messaggio ai naviganti: al centrodestra dice che nemmeno Meloni è sufficiente a garantire la vittoria e che la mancanza di una vera classe dirigente è un peso che, elezione dopo elezione, si farà sentire soprattutto sulle dimensioni locali. La sconfitta del centrosinistra, parimenti, dice che la mancanza di un progetto credibile per il paese, l’ostentata frammentazione e l’incapacità di definire un meccanismo chiaro che identifica una leadership interna allo schieramento sono lacci che faranno inciampare sempre quell’agglomerato che non ha neppure la forza di chiamarsi coalizione.

Al di là della magistratura e del suo intervento, che pure non è possibile non includere nelle valutazioni sul caso ligure (e questo è sempre un vulnus per la democrazia) e che ha avuto un peso sia nell’innescare l’elezione sia nel lasciare assai perplessi sulla conclusione (una condanna a 1’500 ore di servizi socialmente utili paiono davvero poco per giustificare un impianto accusatorio che ha richiesto 4 mesi di detenzione preventiva e accuse che arrivavano fino al coinvolgimento della mafia), pare evidente che gli elettori non hanno attribuito alcun particolare valore al voto ligure né alle collegate vicende e da tutto questo hanno solo tratto la convinzione che della gestione della regione, in fondo, si possa non occuparsi.

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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