Per quattro anni abbiamo avuto a Lucca, a IMT, il super esperto sulle dinamiche di interazione online tra gli utenti dei vari social

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Per quattro anni, dall’agosto 2013 all’agosto 2017, passava da Lucca la più avanzata ricerca universitaria relativa alle dinamiche di interazione online tra gli utenti sulle diverse piattaforme. Tutto merito del giovane professore Walter Quattrociocchi, che insegnava a IMT. Oggi coordina il Centro per la Data Science e la complessità per la società presso il Dipartimento di Informatica della Sapienza Università di Roma.

Ebbi modo di intervistare più volte il professore Quattrociocchi nella sua permanenza lucchese, coinvolgendolo anche in alcuni eventi quali un corso per la formazione professionale continua degli iscritti dell’Ordine dei giornalisti che si svolse nell’auditorium della Fondazione Banca del Monte e una conferenza su tematiche sanitarie in cui parlò delle bufale in sanità che si tenne il 27 febbraio 2016 dell’auditorium dei dottori commercialisti in via dei Pubblici Macelli, dunque ben quattro anni prima della tanto discussa (sui social) pandemia da SARS-CoV-2. La conferenza del professor Quattrociocchi trattò il tema: «La disinformazione crea malattia».

Mercoledì scorso, 20 marzo 2024, è stato pubblicato on line un importantissimo lavoro sulla prestigiosa rivista Nature.

All’indirizzo https://www.uniroma1.it/it/notizia/cambiano-i-social-ma-le-dinamiche-delle-conversazioni-online-restano si legge: «Cambiano i social, ma le dinamiche delle conversazioni online restano. Un nuovo studio della Sapienza, pubblicato su Nature, rivela una notevole coerenza nelle interazioni online tra gli utenti di diverse piattaforme e la persistenza di quelle tossiche all’interno delle comunità digitali. Un nuovo studio, coordinato da Walter Quattrociocchi del Centro per la Data Science e la complessità per la società presso il Dipartimento di Informatica della Sapienza Università di Roma, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, ha rivelato una costante nelle dinamiche di interazione online tra gli utenti su diverse piattaforme, includendo anche un confronto con piattaforme del passato. L’analisi suggerisce la natura persistente delle interazioni “tossiche” all’interno delle comunità digitali, che evidenziando una componente umana che rimane costante a dispetto delle variazioni delle piattaforme, delle mutevoli norme sociali e del passare dei decenni. “Lo studio della comunicazione digitale e delle dinamiche che ruotano attorno ai nuovi media è un tema di forte attualità che richiede un’analisi rigorosa, viste le numerose implicazioni che ne derivano – dichiara la rettrice Antonella Polimeni – Sapienza può vantare ricercatori di altissimo profilo che studiano i molteplici aspetti della comunicazione. Questa pubblicazione, su una rivista prestigiosa come Nature, conferma e consolida la qualità delle attività di ricerca dell’Ateneo anche in questo campo: un riconoscimento importante per il team coordinato da Walter Quattrociocchi e per tutto l’Ateneo”. La ricerca, focalizzata sulle dinamiche delle conversazioni online e condotta dalla Sapienza, ha identificato modelli comportamentali ricorrenti all’interno dei vari social media, dimostrando una notevole coerenza nelle interazioni tra gli utenti nonostante l’evoluzione delle piattaforme e delle norme sociali. In particolare, lo studio ha utilizzato un approccio comparativo su varie piattaforme – da Facebook, Reddit, Gab, Youtube fino alla meno recente USNET su più di 500 milioni di commenti – per esplorare gli aspetti cruciali relativi alla persistenza delle interazioni “tossiche” nelle comunità digitali. Elementi chiave identificati dai ricercatori includono la lunghezza delle conversazioni, con discussioni prolungate più inclini alla tossicità, e la polarizzazione, ovvero quando punti di vista divergenti conducono a un’escalation del disaccordo online. Sorprendentemente, le interazioni tossiche non fungono da deterrente sull’engagement degli utenti, i quali continuano a partecipare attivamente alle conversazioni. Questo indica una complessa interazione tra contenuti dannosi e la partecipazione ai dibattiti online, suggerendo una resilienza degli utenti alla negatività negli ambienti digitali. “Questa ricerca rappresenta un significativo progresso nella comprensione delle dinamiche sociali online – spiega Walter Quattrociocchi – e di come queste vengano influenzate dagli algoritmi, superando il focus su singole piattaforme. I risultati sottolineano le ampie implicazioni dell’influenza algoritmica sulle interazioni sociali. Lo studio – conclude Quattrociocchi – evidenzia l’importanza fondamentale della data science nell’analizzare e interpretare il comportamento umano online, confermando che il comportamento tossico è un aspetto profondamente radicato nelle interazioni digitali».

La ricerca porta le firme, insieme a quella di Walter Quattrociocchi, di: Michele Avalle, Niccolò Di Marco, Gabriele Etta, Emanuele Sangiorgio, Shayan Alipour, Anita Bonetti, Lorenzo Alvisi, Antonio Scala, Andrea Baronchelli e Matteo Cinelli e si trova a questo indirizzo web.

Il professor Quattrociocchi, conosciuto dal pubblico televisivo anche per le sue partecipazioni alla trasmissione «DigiTango – Il ballo delle notizie in rete» rubrica di RAInews, ha così commentato su suo profilo Facebook: «Le ragioni dietro lo studio pubblicato su Nature sono tante. La domanda di fondo è sempre la stessa: cercare di comprendere in maniera seria l’impatto degli algoritmi sulle dinamiche sociali. Si capisce facile che la domanda è diventata ancora più prioritaria con l’avvento dell’intelligenza artificiale. Sono usciti recentemente dei lavori (non nostri) dove si cercava di rispondere a questa domanda appoggiandosi a dei dati privilegiati grazie ad accordi fatti con le piattaforme, ma si è finiti sempre per trovare le cose che sappiamo da un po’, ovvero polarizzazione, confirmation bias, ecc. Il punto nodale (ho avuto l’illuminazione in estate, in vacanza) è che i dati che prendiamo sono soltanto l’ultimo passaggio e la parte attiva dell’interazione con la piattaforma. Se metto un like, l’ho messo dopo che l’algoritmo di feed mi ha passato dei contenuti, quindi è difficile distinguere la componente umana da quella algoritmica, sono già accoppiati nel dato i due sistemi (umano e algoritmo). Da qui l’idea che si è rivelata degna di Nature. Perché non facciamo un ragionamento diverso e prendiamo in considerazione gli invarianti? Ovvero, perché non ci mettiamo a cercare quello che è uguale su tutte le piattaforme e quello che invece diverge. Quello che è uguale, pure magari a distanza di anni probabilmente è umano, quello che diverge invece è assimilabile o all’effetto specifico della piattaforma o a qualche peculiarità della comunità di riferimento».

«Da qui poi si è dipanata tutta la matassa e sorprendentemente viene fuori che il comportamento umano – prosegue il post del professor Quattrociocchi – è una componente potente della dinamica sulle piattaforme, tanto che piattaforme diverse, argomenti diversi e decenni diversi hanno dinamiche di tossicità che rimangono consistenti. Che poi significa che forse il ruolo degli algoritmi è un tantino sopravvalutato, con buona pace di chi ha costruito un mantra sull’idea contraria e predica cose strampalate. Altra cosa divertente dello studio, che probabilmente è dovuta agli effetti delle speculazioni a volte troppo forzate, è che tossicità in gergo tecnico è riferita ad un commento poco rispettoso e in grado di far interrompere una conversazione. Ora, il problema è che tale tossicità non interrompe proprio un bel niente, anzi, la conversazione va avanti e quindi c’è una notevole resilienza a questa roba. E l’immancabile polarizzazione è un elemento che favorisce le conversazioni tossiche, questa cosa vale abbastanza ovunque. Umani troppo umani? Non lo so, ma sicuramente fa ridere. E probabilmente un buon antidoto, è esserne a conoscenza. Ma lo diciamo da un po’ senza poi troppi riscontri».

Ovvio e immediato l’interesse dei mass media. “Login”, pagina del Corriere delle Sera dedicata a tecnologia, innovazione e scienza ha pubblicato un’intervista fatta dalla collega Martina Pennisi al professor Quattrociocchi (la trovate qui).

Un’intervista in cui Walter Quattrociocchi ribadisce che «studiando i social abbiamo raggiunto un plateau: si trovano sempre le stesse cose e si giunge sempre alle stesse conclusioni. Era arrivato il momento di domandarsi quale sia il reale effetto degli algoritmi e quanto, invece, sia la componente umana a governare certe dinamiche. La risposta è che la tossicità non è un deterrente al coinvolgimento degli utenti né un amplificatore del coinvolgimento. Piuttosto, tende a emergere quando gli scambi diventano più frequenti e può essere un prodotto della polarizzazione delle opinioni. Polarizzazione, ovvero estremizzazione delle opinioni, che, potrebbe avere un ruolo più cruciale della tossicità nel plasmare l’evoluzione delle discussioni online. E questo è utile da sapere quando si ragiona su possibili soluzioni».

Walter Quattrociocchi, nel frattempo, ha pubblicato anche tre libri: «Misinformation. Guida alla società dellinformazione e della credulità»; «Liberi di crederci. Informazione, internet e post-verità»; e il più recente: «Polarizzazioni. Informazioni, opinioni e altri demoni nell’infosfera», di cui consiglio la lettura.

Senza voler necessariamente fare considerazioni o battaglie campanilistiche dispiace aver perso a Lucca una così brillante mente proprio negli anni che la nostra città ha espresso il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la professoressa Stefania Giannini.

Dopo aver dato i natali a chi ha portato Internet in Italia: il professore Luciani Lenzini (qui il ricordo) sarebbe stato ottimo avere ancora e sempre a IMT chi riesce a spiegare sempre più e sempre meglio come sta evolvendo la rete dal punto di vista dell’interazione online tra gli utenti sulle diverse piattaforme. Si tratta di qualcosa che potrebbe influire sempre più anche sulle elezioni e dunque sulla democrazia.

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