Per raccontare questa storia, è necessario partire alla larga. Per poi scendere nel dettaglio locale.
Certo, la narrazione è lunghetta, ma questo non è un articolo giornalistico, né un pezzettino per gli spippolatori di cellulari. È un racconto storico. Si può leggere tutto intero, o a pezzi, Si paga uguale. Ma non lo si può ridurre troppo, a vantaggio di una fretta della vita ingiustificata. La Storia ha il suo tempo.
La denominazione iniziale di questa storia è conosciuta da tutti come “MILITE IGNOTO”, dizione che fu proposta da D’Annunzio. Ma in realtà il nome martellato sul sacello posto sotto la dea Roma al centro dell’Altare della Patria è: “IGNOTO MILITI” dal latino “Al soldato sconosciuto”.
Lo stesso nome Ignoto Militi è anche il titolo di un bel libro, ristampato da poco, che racconta questa storia, italiana.
L’Altare della Patria o Vittoriano è il grandioso monumento funebre destinato ad accogliere Vittorio Emanuele II il Padre della Patria, il Primo Re d’Italia. Progettato dall’Arch. Sacconi, fu iniziato nel 1885 e terminato nel 1935… Eran già lunghini a quel tempo i Lavori Pubblici. In tutti i casi venne inaugurato il 4 giugno 1911.
Il Vate, nonostante la sua iniziale partecipazione, verrà successivamente allontanato proprio per la sua energica esuberanza che mal si addiceva al placido ambiente romano, e uscirà di scena da questa storia, che nasce per dare un nome a tutti i soldati rimasti sconosciuti sui campi di battaglia.
La problematica relativa al mancato riconoscimento di molti soldati era in effetti molto sentita; praticamente quasi il 50% dei caduti non era identificato! Questo dipendeva da diversi fattori.
Le piastrine di riconoscimento che i soldati portavano addosso non erano come le attuali, ma consistevano in semplici foglietti di carta, ripiegati e conservati dentro ad un astuccio di lamierino, portati nel taschino della controfodera della giacca. In combattimento si perdevano continuamente. Poi per consuetudine i soldati si toglievano tutto da dosso, prima delle fasi dell’attacco, il portafoglio, i gradi, documenti, e quindi il successivo riconoscimento era difficilissimo arrivando a percentuali altissime di mancata identificazione. Nel tempo le procedure e i materiali cambiarono e nei conflitti successivi la percentuale dei non identificati diminuì drasticamente a valori dell’ordine dell’8-9%.
Molte persone ignorano che in realtà il sacello funebre del Vittoriano dove montano la guardia perennemente due soldati… è vuoto. Dopo pochi anni, a causa dei lavori piuttosto scadenti effettuati per la costruzione del Vittoriano dalle solite ditte “amiche”… (così, giusto per dirne una tra le tante, era previsto come pietra base il Travertino Romano, che abbonda nelle vicinanze, ma dopo una serie di controversie optarono per il Marmo Botticino, che viene dalle cave di Brescia, a 500 km da Roma…! e che, solo casualmente, era lo stesso collegio elettorale dell’On. Gasparotto Ministro della Guerra!)
Per effettuare alcuni lavori di “straordinaria manutenzione (già dopo 3 anni…!), la bara fu rimossa e posta inizialmente in un corridoio interno, e poi, in un terzo tempo, giù in basso, all’interno in una posizione interna più protetta, perché… ci pioveva ancora! Oggi riposa nella cripta retrostante il Sacello del Milite Ignoto all’interno del Vittoriano, con l’altare scolpito in un masso portato dal Grappa, nelle sale dele Bandiere di Guerra dei Reggimenti sciolti. Tra esse anche il Tricolore che avvolgeva il feretro del Milite Ignoto.
Il nuovo e più definitivo sacello riporta sulla fronte la terza variante del nome peraltro errata e vedremo successivamente perché: “SOLDATO IGNOTO” con sotto la motivazione della Medaglia D’Oro al Valor Militare tributata dal Re il 4 novembre 1921.
La motivazione riporta: “DEGNO FIGLIO DI UNA STIRPE PRODE E DI UNA MILLENARIA CIVILTÀ RESISTETTE INFLESSIBILE NELLE TRINCEE PIÙ CONTESE, PRODIGÒ IL SUO CORAGGIO NELLE PIÙ CRUENTE BATTAGLIE E CADDE COMBATTENDO, SENZ’ALTRO PREMIO SPERARE CHE LA VITTORIA E LA GRANDEZZA DELLA PATRIA.”
La Medaglia d’Oro fu “martellata” dopo che il Re l’ebbe baciata, direttamente sulla bara con un martello d’oro, poco prima che questa fosse calata nel sacello di pietra… per poi essere riallocata due volte come abbiam visto.
Ma veniamo all’inizio di questa storia.
La storia del Milite Ignoto nasce per idea e volontà iniziale del Colonnello Giulio Douhet, un personaggio particolare, forte, sanguigno, massone, che durante la guerra aveva avuto dei forti contrasti sulla condotta della guerra inviati per iscritto a Cadorna, così irriverenti e inopportuni da beccarsi un anno di prigione militare nel Forte di Fenestrelle in Val Chisone…
Il Douhet libero pensatore e Direttore nel dopoguerra di una rivista militare ”Il Dovere”
legata alla U.N.U.S. (Unione Nazionale Ufficiali e Soldati), il 17 luglio 1920 lanciò una proposta:
Questa proposta venne ripresa e approvata da alcune società di ex militari tra le quali la “Garibaldi, Società dei Reduci delle patrie battaglie” e la stessa “U.N.U.S.” che la perorarono sui loro giornali. Il Douhet aveva individuato nell’umile soldato il vero eroe della guerra; senza di lui, senza il suo sacrificio, non si sarebbe arrivati alla vittoria finale italiana.
Per questo era intenzionato a valorizzarlo. Quindi il 24 agosto 1920 dalle colonne del giornale Il Dovere, testata di riferimento dell’Unione Nazionale Ufficiali e Soldati, associazione da lui fondata, dichiarò:
“Tutto sopportò e vinse il Soldato. Perciò al Soldato bisogna conferire il sommo onore, quello cui nessuno dei suoi condottieri può aspirare neppure nei suoi più folli sogni di ambizione. Nel Pantheon deve trovare la sua degna tomba alla stessa altezza dei Re e del Genio”.
Individuando così nel Pantheon il loculo iniziale del Milite Ignoto. Il Pantheon era al momento il luogo di sepoltura della Famiglia Reale, e quindi porvi un umile soldato era elevarlo al loro rango!
L’esaltazione dell’umile al più alto livello.
Questa attività di commemorazione dei caduti ignoti si svolgeva praticamente contemporaneamente in molti altri paesi europei; di fatto fu una iniziativa quasi collettiva.
Ma l’idea iniziale sul “Pantheon” non ebbe seguito.
Tutto stava funzionando bene quando si intromise l’On. Cesare Maria De Vecchi, un capitano del Regio Esercito, uno dei quattro “quadrumviri” della marcia su Roma, che aveva visto in questa iniziativa un possibile utilizzo mediatico importante e funzionale alla causa (del fascismo), che stava nascendo. Propose quindi a sua volta di metterlo addirittura nell’Altare della Patria, il Vittoriano, destinato ad accogliere Re Vittorio Emanuele II, il Padre della Patria.
Questo monumento, ironicamente conosciuto dai romani come “la macchina da scrivere” per la sua somiglianza con le vecchie macchine americane tipo “Underwood”, è di fatto il “monumento simbolo” della Patria.
Il servizio di guardia armata non si è mai interrotto, neanche durante la occupazione di Roma. Per questo rappresenta la “continuità” storica del nostro paese. Tutte le più importanti visite dei Capi di Stato avvengono con la resa degli onori all’Altare della Patria. Per la verità non sempre ha goduto della popolarità popolare. Negli anni ’60, per la sua vicinanza con Piazza Venezia e il suo forte utilizzo dal fascismo per le cerimonie, ne fu proposto addirittura l’abbandono. Ma il Vittoriano è molto antecedente al fascismo, essendo un monumento “risorgimentale”, (1885) e quindi è ancora li.
Decisa così definitivamente la sistemazione al Vittoriale, il Re promulgò la Legge nr. 1075 dell’1 agosto 1921, “Per la sepoltura in Roma, sull’Altare della Patria, di un soldato ignoto caduto in guerra” che ebbe un iter rapidissimo: l’On. Gasparotto, Ministro della guerra chiese un voto all’unanimità, ma non fu …accolto come suggerimento; il 4 Ago 1921 fu presentato il Disegno di Legge, il 5 Ago 1921 ebbe luogo la Votazione segreta 199 favorevoli, 35 contrari (i Socialisti), il 6 Ago 1921 la presentazione al Senato, il 10 Ago 1921 l’approvazione del Senato, l’11 Ago 1921 la promulgazione della Legge nr.1075 e finalmente il 20 Ago 1921 la pubblicazione sulla G.U. come Legge dello Stato.
Impensabile oggi.
La Legge 1075/21 si componeva di soli tre articoli, tanto da poter essere contenuta in un unico foglio.
Da qui, a seguire il Ministero della Guerra istituì l’“Ufficio Onoranze al Soldato Ignoto” con la apposita Commissione operativa che aveva ilcompito di: individuare, esumare, raccogliere e trasportare 11 salme di soldati ITALIANI, NON RICONOSCIUTI NE RICONOSCIBILI.
Ci fu un punto particolarmente “sensibilizzato” a tutti i componenti della Commissione: la segretezza. Il Presidente Gen. Paolini ribadì a tutti l’importanza di quanto veniva fatto e fece giurare a tutti che in nessun modo avrebbero rivelato i luoghi delle ricerche e soprattutto qualsiasi indizio che potesse ricondurre a una qualsiasi possibile identità delle salme designate. La faccenda era stata presa sul serio. Per questo i componenti la Commissione, composta da Ufficiali, Sottufficiali, Graduati e Soldati semplici tutti decorati di Medaglia d’Oro al Valor Militare, prestarono un giuramento speciale di fedele servizio per effettuare scrupolosamente questo compito. Il Gen. Paolini fece giurare anche tutti i componenti esterni, compresi gli autisti, il personale di scavo e i fotografi ecc. tutti coloro che a qualsiasi titolo erano li per quell’incarico. C’era la assoluta necessità di garantire che in nessuna maniera la salma rinvenuta potesse essere in alcun modo identificata. Di tutta questa procedura si dava continua notizia sulle stampe. E non tutti erano d’accordo. Specialmente i socialisti, contrari all’idea della guerra, osteggiavano decisamente questa iniziativa, che tendeva a esaltare il militarismo e tutto quel che correva dietro. Ci furono degli scontri di piazza, anche con vittime e la situazione sociale iniziale non era proprio di grande concordia. I fascisti ormai pronti a entrare in scena cercarono in tutti i modi di “cavalcare” l’iniziativa, ma gli andò male. Recupereranno l’anno successivo, quando, ormai al potere, prenderanno il Milite Ignoto come uno dei massimi simbolo del fascismo.
Nella dotazione obbligatorie delle scuole fu addirittura prevista oltre alla riproduzione del Re, del Crocifisso e del Duce anche la statua del Milite Ignoto!
La commissione si mise subito al lavoro cercando tra 10 cimiteri di guerra, sperduti sul fronte dei combattimenti, dieci salme sicuramente sconosciute dalle quali trarne una da portare a Roma.
A questo punto però il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina rilevò il fatto che in questo modo si nobilitava solamente la figura dei “soldati” intesi come appartenenti esclusivamente al Regio Esercito, e non era giusto, perché anche la Regia Marina aveva dato un forte contributo alla vittoria perdendo anch’essa molti marinai sconosciuti!
Ritenuta valida questa osservazione fu deciso di cercare una undicesima vittima tra i caduti non identificati di un reparto di marinai che aveva combattuto a terra, affinchè ci potesse potenzialmente essere anche un marinaio tra loro. Per questo motivo, la dizione “Al Soldato Italiano” scritta sul sacello finale all’interno del Vittoriano, è un po’ …limitativa.
Il Cimiterino dei Cannoni a Ca’ Gamba raccoglieva i resti dei marinai caduti in combattimento terrestre presso Caposile. La undicesima salma, quella di un marinaio, fu scelta lì.
La individuazione delle salme avveniva in maniera rigorosa, scartando e ritumulando quelli che presentavano anche un minimo segno di identificazione; la salma individuata non doveva avere alcun documento, né piastrina, né mostrine;
Niente. Solo la uniforme italiana.
Poco a poco le varie salme individuate come assolutamente anonime, dopo un verbale fatto sul posto, vennero posizionate tutte in bare di legno fatte costruire appositamente, assolutamente identiche e senza alcun segno di riconoscimento. Poi vennero portate presso la Basilica Patriarcale di Aquileia per la successiva scelta di una salma definitiva da traslare definitivamente a Roma. Quella del Milite Ignoto.
A questo punto si presentava il problema di come scegliere la salma definiva. La commissione pensò di far scegliere il caduto da trasportare a Roma da una mamma che aveva perso il figlio in guerra e che non aveva avuto più notizie.
Fu individuata inizialmente una signora udinese di Preganziol, che aveva perso due figli in guerra dispersi, la signora Anna Visentini Ferruglio.
Poi la Commissione preferì scegliere una donna di estrazione più umile, una “popolana”, e fu scelta per questo Maria Bergamas, di Gradisca d’Isonzo. Maria Bergamas aveva perduto un figlio, che si era arruolato volontario e quindi aveva frequentato un corso “accellerato” per Ufficiali di Complemento. Antonio Buontempelli, nato il 18 ottobre 1891 a Gradisca, e in forza al 137° Rgt. f . “Barletta” decorato di M.A.V.M.
In realtà il nome vero del S.Ten Buontempelli era Antonio Bergamas, ma per il fatto che proveniva dalle terre irredente sotto controllo austriaco, era di fatto un disertore; per evitarne la fucilazione in caso di cattura i Comandi italiani cambiavano il cognome; in questo caso appunto Buontempelli.
Perse la vita in seguito ad un attacco austroungarico presso il Monte Cimone, nel corso della “Stafexpedition” del 16/17 giugno 1916. Ripiegato nelle coperte della sua branda fu rinvenuto un biglietto:
«In caso di mia morte avvertire il sindaco di San Giovanni di Manzano, cav. Desiderio Molinari»
l’unico a conoscere la sua vera identità.
Fu tumulato presso il piccolo cimitero di Marcesina, a ridosso della prima linea; in seguito ad un successivo forte bombardamento austriaco tutte le tombe vennero sconvolte e la violenza delle bombe impedì il successivo riconoscimento delle salme. Per questo la signora Maria Bergamas non ebbe più modo di ritrovare il figlio caduto.
La scelta avvenne in una giornata, il 28 ottobre 1921, davvero commovente e intensa. Le 11 bare tutte perfettamente uguali erano state poste davanti l’altare della Basilica Patriarcale di Aquileia. Durante la notte il Tenente Tognasco, uno dei componenti della Commissione, si era preso cura di far cambiare più volte, in maniera irregolare, la disposizione delle varie bare. Nessuno doveva aver la minima possibilità di sapere da dove proveniva il prescelto.
Il disegnatore storico del Corriere della Sera, Beltrame, con il nr. 45 del 1921 dedicò una bellissima copertina, che contribuì a far conoscere alla nazione l’iniziativa.
Il mattino del 28 ottobre 1921, poco prima che iniziasse la solenne cerimonia, una piccola bambina riuscì a forzare il blocco di sorveglianza composto da Carabinieri e Soldati, con in mano un mazzo di fiori. Voleva portarlo su una bara che poteva credere fosse di suo papà, anch’egli disperso. La pietà dei soldati di guardia convinse la piccola bambina a posizionare un fiore su ciascuna bara. Insieme al fiore sulle bare c’era il Tricolore, e un elmetto Adrian Mod.16. Poco prima dell’inizio furono portati altri fiori. In una atmosfera veramente emozionante e di grande “pathos”, Maria Bergamas avanzò lentamente partendo da sinistra verso destra. Si soffermò alcuni secondi davanti alla seconda, palesemente emozionata, poi riprese a avanzare per fermarsi definitivamente alla decima, la penultima. Lì poso le mani sul bordo della bara e fece la sua scelta.
Nelle parola del Ten. Tognasso la descrizione emotiva del momento della scelta.
…lasciata sola, parve per un momento smarrita. Teneva una mano stretta al cuore mentre con l’altra stringeva nervosamente le guance. Poi, sollevando in atto d’invocazione gli occhi verso le navate imponenti, parve da Dio attendere ch’Ei designasse una bara come se dovesse contenere le spoglie del suo figlio. Quindi, volto lo sguardo alle altre mamme, con gli occhi sbarrati, fissi verso i feretri, in uno sguardo intenso, tremante d’intima fatica, incominciò il suo cammino. Trattenendo il respiro giunse di fronte alla penultima bara davanti alla quale, oscillando sul corpo che più non la reggeva e lanciando un acuto grido che si ripercosse nel tempio, chiamando il figliolo, si piegò, cadde prostrata e ansimante in ginocchio abbracciando quel feretro…”.
Segue articolo IL MILITE IGNOTO, a Lucca. (2/2)
In momenti in cui si è perduto il semplice senso di Patria è bello leggere di che provare emozioni degne del nostro ormai disperso Risorgimento. Bene così, Vittorio!