Si è fatto un gran parlare dell’accordo tra Italia ed Albania per sistemare i migranti recuperati in mare dalle nostre navi.
Accordo siglato a Roma dal nostro presidente del Consiglio on. Giorgia Meloni e dal suo omologo albanese Edi Rama. Le scene dei loro incontri, trasmesse a profusione dalle TV, non erano un bel vedere: la nostra Meloni a fianco di Rama sembrava uno scriccioletto, sovrastata com’era dalla possanza fisica dell’albanese. Sembrava di rivedere la scena di quando, nel 1939, i dignitari albanesi, (omaccioni di quasi due metri), vennero a Roma per omaggiare il loro nuovo re e si trovarono di fronte V. E. III alias Sciaboletta. Il loro stupore a quella visione fu tale che si scambiavano sguardi tra l’incredulo e lo sgomento. Come per dire: “ma in che mani siamo cascati?”
Invece Edi Rama, dalle immagini diffuse, sorrideva soddisfatto. Come intendesse dire. “le ho tirato una sola! Trovanne di polli così”.
Che sia andata in questo modo, passata l’euforia degli annunci televisivi, hanno cominciato a pensarci in tanti. Del resto bastava fare due conti e ragionarci un po’: l’Italia si è accollata un carico di spese per il mantenimento dei migranti che verranno ospitati in centri di accoglienza allestiti a spese nostre. Per aver messo a disposizione i campi dove sistemare i due centri di accoglienza l’Albania verrà ricompensata con una paccata di soldi.
Fin a qui tutto scritto e previsto negli accordi. Il resto del film ce lo possiamo immaginare: E vi assicuro che non è un bel film. Partiamo dalle prime scene: i migranti trasportati da nave italiane vengono fatti sbarcare nei porti albanesi e da qui dirottati nei centri di accoglienza. Il numero di ogni carico si aggira intorno ai 1200 migranti.
Una volta arrivati nei centri di accoglienza dovrebbero cominciare le procedure per la loro individuazione e la loro regolarizzazione. Procedure che, affidate a personale del nostro Ministero dell’Interno, andranno avanti per giorni, per settimane. Intanto nei due centri di accoglienza i migranti vengono sorvegliati 24 ore su 24 da militari, carabinieri e poliziotti italiani. Considerato il loro altro numero c’è da prevedere che per la sorveglianza giorno e notte ci vorranno almeno 2000 addetti.
I 1200 migranti hanno necessità di tutto: servizi igienici, letti, ambienti riscaldati, ricambio di indumenti, cappotti e maglioni per la stagione fredda, ombrelli per la pioggia, scarpe e lucido da scarpe e soprattutto rifornimenti alimentari adeguati: colazioni, pranzi, cene e qualche rinforzino pomeridiano. Ed anche queste forniture devono venire dall’Italia.
Il tutto sotto gli occhi vigili e interessati della terribile Mafia Albanese che da quando l’accordo è stato siglato si è organizzata per trarre vantaggio da questa anticipata befana che è arrivata nel paese delle aquile.
Che in Albania la Mafia sia praticamente la vera padrona del territorio lo sanno tutti e da sempre quell’organizzazione criminale ha fatto dei migranti uno dei suoi affari preferiti.
Per questa volta addirittura non ha avuto bisogno di andarli a cercare nelle coste africane, dove si imbarcano per raggiungere l’Italia, ma se li è visti portare a casa, come pacchi dono dell’amicizia italiana.
Torniamo ai campi di accoglienza. Passato il can can dei primi giorni, con visite di ministri, sottosegretari e Televisioni, si può prevedere che le cose prendano una brutta piega. I camion che devono trasportare cibo e soccorsi non arrivano più e i pacchi inviati dall’Italia si trovano in vendita nei mercati albanesi. Poi toccherà alle navi che dall’Italia devono portare i soccorsi. Non appena iniziano le operazioni di sbarco, spuntano nei porti camion che vengono riempiti di quel ben di Dio donato dal generoso popolo italiano.
Per ragioni sulle quali le nostre autorità stanno indagando i suddetti camion anziché dirigersi ai due centri di accoglienza si perdono per la strada, altre strade, e vanno verso l’interno dove li attendono i mafia boys.
Intanto una speciale organizzazione, chiamata Magna Albania, ha attrezzato delle imponenti cucine da campo in grado di rifornire i due centri di accoglienza.
Opportunamente contattate le nostre autorità, messe di fronte all’alternativa o lasciare alla fame i migranti o affidarsi ai servizi della Magna Albania hanno deciso di ricorrere a quella organizzazione che ha anche il merito di utilizzare prodotti di sicura provenienza italiana. E così anche il ministro Lollo Brigida è soddisfatto.
Il protocollo dell’accordo italo-albanese stabilisce che in un mese debbano essere espletate le pratiche burocratiche di identificazione dei migranti. Che devono lasciare i centri per dare modo di arrivare ad un‘altra massa di 1200 migranti. A conti fatti, ed al nostro governo dispongono di pallottolieri utili per fare questi difficili conti, in anno è previsto un giro di quasi 15.000 migranti. Cento più o meno.
Ma in questo meccanismo così ben congegnato qualcosa si è inceppato. Le nostre autorità, che non si lasciano fregare, si sono ammoscate di qualche inghippo, si sono messe a indagare ed hanno appurato che i nuovi migranti che arrivavano erano gli stessi che erano appena partiti.
Da sicuri informatori in Albania abbiamo ricostruito tutta la faccenda e adesso possiamo svelare l’arcano del miracolo della moltiplicazione dei 1200 migranti.
Praticamente i migranti venuti a conoscenza che il mese di permanenza nei centri stava per finire si sono ingegnati per procurarsi di prolungare il benefizio del Gran Hotel Italia. Con la complicità della Mafia Albanese hanno fatto, nottetempo, il viaggio all’incontrario e si sono fatti trovare in mare pronti ad essere imbarcati dalle nostre navi, Operazioni svolte con destrezza e serietà encomiabili: nel giro di 24 ore i 1200 migranti del primo turno sono diventati i 1200 migranti del secondo turno.
Alla fine dell’anno nei registri dei due centri risultano accolti i previsti 15.000: per la maggior gloria del nostro governo che finalmente ha dato una sonora lezione all’Europa.
Brutta scena in piazza del Carmine
Questa proprio non ci voleva. Superato lo scoglio dei Comics, abbuiata la faccenda Pertini e grazie all’alluvione a Campi Bisenzio evitata anche la manifestazione nazionale per reclamarne il ricordo le cronache cittadine si sono dovute occupare di un fatto andato in scena in piazza del Carmine. Una brutta scena che si poteva e si doveva evitare. Per il buon nome di Lucca.
La cosa è risaputa ma varrà ricordarla nei passaggi essenziali. La storia si trascina da tempo da quando l’Amministrazione Comunale di Lucca decise di dare una nuova configurazione ed una nuova organizzazione al Mercato del Carmine. Il progetto del Comune prevedeva la chiusura delle attività commerciali presenti al Carmine che avrebbero dovuto lasciare i loro fondi riportandoli a disposizione dell’Ente Cittadino.
I titolari dei fondi hanno provato a contrastare le decisioni del Comune ricorrendo anche al TAR, il Tribunale amministrativo Regionale del quale si attendeva un pronunciamento.
La mattina del 6 novembre addetti dell’Amministrazione Comunale, scortati da una pattuglia di vigili urbani si sono presentati al Mercato del Carmine per procedere all’esecuzione dell’ordinanza comunale che stabiliva la cessazione delle attività commerciali.
Per il modo come è avvenuta, per la tensione che ne è subito seguita, per la presenza di tanta gente, attirata da quanto stava accadendo, si deve ammettere che in piazza del Carmine il 6 novembre sì è svolta una brutta scena. Davvero brutta con il cambio delle serrature ai locali sottoposti a chiusura, costretti a interrompere le attività e ad allontanare la clientela presente.
I molti cittadini che hanno assistito alla brutta scena hanno stigmatizzato con accenti diversi quel comportamento giudicato assolutamente ingiustificabile e inammissibile per le relazioni tra cittadini e istituzioni.
I commenti negativi sono passati di bocca in bocca ed ognuno vi aggiungeva del suo. Critiche e riserve sono state rivolte anche alla dirigenza della Confcommercio accusata di aver tenuto una posizione pilatesca.
Ragioni e torti certamente si dividono. Ma la brutta scena rimane.
due storie tipiche di classi dirigenti a dir poco “scarsine”
Sul Carmine poi nessuno puo vantarsi di aver fatto il bene della citta’
Il racconto invece merita riflessioni profonde
senza altro da aggiungere!
Chapeau!
Professore, il pasticcio Albanese, un film già visto con finale con il botto. Non vorrei che si stia creando un nuovo carcere di massima sicurezza (speriamo di no) dal costo da le prime informazioni pervenute di circa 19 milioni di euro per allestirlo e 100milioni l’anno per gestirlo (cifre da verificare).
piazzA del Carmine.:
L’OPERAZIONE Allaa QUALE ABBIAMO ASSISTITO RICHIAMA ALLA MENTE… L’OLIO DI RICINO DI ANTICA MEMORIA,TUTTAVIA SE NON RIUSCIAMO A SUPERARE GLI INPEDIMENTI BUROCrATICI
NON RIUSCIREMO MAI A PORTARE A TERMINE NESSUN PROBLEMA
ALBANIA:
è GIUSTO UANTO DICE IL PROF.Sereni il costo di questa operazione sarebbe superiore al mantenimento di ogni singolo emigrante DIRETTAMENTE IN in Italia quella di Meloni;é un’iniziativa solo di politica.
Pasticcio albanese : operazione anti-economica con altissimi costi e , temo, con scarsi risultati effettivi.