Consumate il latte San Ginese è l’appello lanciato a cuore aperto dalla voce dei dipendenti della storica azienda capannorese dopo l’annuncio della prossima chiusura di tutte le attività da parte del gruppo Arborea.
“Quale bambino lucchese, oggi padre, non è cresciuto con questo latte? Quindi ora tocca a voi a dimostrare la vicinanza ma prima di tutto l’affetto verso tutto questo. Dimostriamo ad Arborea – dicono i dipendenti, sostenuti dai sindacati – che la sostanza c’è, che siamo lucchesi, che possiamo correggere tutti gli errori commerciali e di rapporti con il territorio commessi da loro. Facciamo squadra e consumiamo il nostro prodotto, sono i lavoratori che ve lo chiedono, con il cuore in mano, che in questo momento manifestano con lo slogan Sciopero lavorando!“
Di nuovo la tradizione passata quindi, che si scontra con quella futura. Il lento morire delle produzioni locali in favore del grande mercato. E’ noto ormai infatti da giorni che Arborea, società che acquistò il marchio quattro anni fa, abbia avviato il licenziamento dei 26 dipendenti della San Ginese: “La decisione di chiudere il sito di Capannori -si legge nella comunicazione – è la conseguenza di una situazione di mercato complessa e in costante evoluzione negativa, che si protrae da oltre due anni, nonostante gli sforzi e gli investimenti che il Gruppo Arborea ha realizzato dopo l’acquisizione nel 2018“. Comunicazione che ha da subito scosso la politica sia locale che regionale: domani (10 febbraio) l’incontro in Regione convocato da Valerio Fabiani, consigliere per lavoro e crisi aziendali. Al tavolo, oltre alle rappresentanze dei sindacati, sarà presente anche Arborea. L’obiettivo condiviso è quello di scongiurare il licenziamento dei dipendenti e rilanciare lo storico marchio. Nel frattempo non cessa lo stato di agitazione dei lavoratori ma allo stabilimento nel Compitese per ora lo sciopero resta congelato.
“Una fine inevitabile”, sostiene qualcuno. Perché il latte di certo non mancava ma l’applicazione di un accordo nazionale sul prezzo del latte si. E – pensiero sostenuto anche da Coldiretti, molte stalle avevano già chiuso vista l’impennata fuori controllo dei costi di produzione. Ma se gli allevamenti, materie prime imprescindibili, non ottengono la giusta remunerazione, il danno a lungo periodo è solo per le aziende stesse, costrette ad investire altrove e per il territorio, che perde competitività e una parte di sé.
Perché un marchio non va più da solo, non di questi tempi sommersi da continue pubblicità e stimoli alimentati dagli alti budget delle multinazionali. La regola vuole che, prima di essere venduto, investa nel suo territorio e ne faccia il suo miglior alleato e competitore. Perché è vero che dagli scaffali buttiamo nel carrello il formato Bio dei grandi supermercati, ma quando vediamo di sfuggita la scritta rossa S.Ginese, familiare, inevitabilmente pensiamo ai nostri pascoli, ai nostri allevatori. Compriamo il Latte San Ginese è consumare la nostra storicità e identità. Compriamo il latte San Ginese è un flash-mob simbolo di solidarietà ai dipendenti, che invita a tenere viva la tradizione ammettendo e a reinvestire sugli allevamenti locali dentro un mercato in continua evoluzione.
“Ci teniamo a questo marchio a questa azienda come se fosse una di famiglia – sottolineano lavoratori e sindacato –, non riusciamo a immaginare il territorio senza di lei. Veniamo al lavoro, facciamo il nostro e molto di più per correggere la presunzione aziendale e la sua disaffezione con il territorio e alla sua cultura. Un appello concreto a tutti, manifestate con noi comprando il latte San Ginese, dimostriamo quello che siamo“.