14° Reggimento Cavalleggeri Alessandria: da Lucca all’ultima carica della cavalleria italiana

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Proseguiamo nella nostra rivisitazione dei reparti militari che si sono succeduti a Lucca, nei vari plessi, Caserma Umberto I/Lorenzini, Caserma Principe Amedeo/Mazzini ecc.

Il nostro 16° Reggimento Cavalleggeri “Lucca” lascia la città nel 1909; l’anno seguente arriva nella nostra città un altro glorioso reparto di cavalleria, che, come vedremo, segnerà anch’esso momenti epocali di Storia, sconosciuta ai locali, come sempre accade, ma meglio conosciuta e riconosciuta paradossalmente dallo stesso nemico.

Nel 1910 si insedia a Lucca il 14° Reggimento Cavalleggeri “Alessandria”.

Come abbiamo già spiegato, nessuna attinenza c’è tra il nome ordinativo del reparto, in questo caso “Alessandria” con le varie località di stazionamento in guarnigione. Infatti questo reggimento, proveniente appunto da Alessandria, rimarrà a Lucca fino al 1920, poi verrà trasferito in altre città, tra le quali Firenze e successivamente Palmanova.

Il cartiglio dello stemma reggimentale riporta “In pericolo surgo”.

Fiamme gialle su sfondo nero. Elegantissima l’uniforme da cavalleria.

Nel periodo “lucchese” il reggimento partecipa attivamente alla vita cittadina; sono note, grazie alla conservazione di un copioso corpo documentale dell’Archivio Storico Comunale e altri, una fitta e continua corrispondenza d’ufficio e informale tra le autorità cittadine e il comando.

Gli ufficiali frequentano il Circolo di Palazzo Montauti in Via Santa Giustina; ci sono in città tipografie, sartorie, veterinari, sellai, alloggi quasi esclusivamente dedicati a quasi 500 cavalleggeri; i fornitori di foraggio fanno affari d’oro per garantire il quotidiano rifornimento di cibo per gli oltre 400 cavalli in dotazione al reparto. Una presenza di questo tipo garantisce alla città un’economia locale fiorente e cospicua. Tanto sono forti i legami tra i militari e la cittadinanza che la Marchesina Emilia Poschi-Meuron viene impalmata dal signor Conte Gaddo della Gherardesca in servizio come Tenente del 14° Cavalleggeri “Alessandria”, con tanto di partecipazione sui quotidiani locali.

Lo stesso quotidiano riporta a seguire la notizia che per iniziativa del “Fascio Lucchese di Resistenza Interna” (niente a che vedere con i successivi fasci littori…) si sta aprendo la “Casa del Soldato”, un punto di ritrovo e conforto per i soldati in guarnigione e di passaggio; il redattore addirittura deplora che non sia stato fatto prima, come in altre città!

Si vede che, anche allora, aprire i “caffè” in questa città è proprio difficile.

Queste note di cronaca testimoniano il forte legame cittadino con i soldati, nella fattispecie i cavalleggeri che sono insediati molto profondamente nel tessuto cittadino. Ancora la stampa riporta la partecipazione alla promozione del signor Capitano Delleane, del 14° “Alessandria” al grado di maggiore!

Il reggimento, nel periodo lucchese, fornisce un centinaio di cavalleggeri di supporto per la guerra in Libia 1911-12, ma non vi partecipa organico come reparto.

Ma i tempi dell’idillio cittadino, come tutte le cose belle, terminano con l’arrivo dei venti di guerra; nel 1914 il Reggimento lascia la guarnigione per partecipare alle operazioni militari della Grande Guerra sul fronte italiano del Carso. Nel 1916, in affiancamento al già citato 16° Cavalleggeri “Lucca”, partecipa alla conquista di Gorizia. In seguito alla rotta di Caporetto, il 25 ottobre 1917 nella carica di Stupizza, metà dei suoi effettivi si sacrifica in una potente carica di alleggerimento per proteggere il IV Corpo d’Armata in ritirata! Dopo la guerra un ufficiale austriaco scriverà al Comando del 14° “Alessandria” facendo i complimenti per la coraggiosa carica!

Anche l’Amministrazione cittadina segue con partecipazione il reggimento al fronte: lettere del Sindaco, regali e doni, testimonianze di affetto e vicinanza lo documentano.

Il 14° Reggimento non perde occasione di lasciare segno della sua presenza e capacità; a Biacis, una località a nord di Cividale del Friuli, realizza una fonte e un abbeveratoio.

Ma il momento più bello, epocale e storicamente interessante del 14° Reggimento Cavalleggeri “Alessandria” partito dalle caserme di Lucca con il suo stendardo, è sicuramente quello che accade verso la conclusione del conflitto; la liberazione e l’ingresso per primo del 14° Reggimento Cavalleggeri “Alessandria” nella città simbolo di TRENTO!

Il 3 novembre 1918 il reggimento issa il Tricolore sul Castello del Buon Consiglio, dove mesi prima erano stati impiccati Cesare Battisti e Fabio Filzi. Damiano Chiesa vi verrà fucilato.

Il Colonnello Ernesto Tarditi, Comandante del Reggimento, riceve la resa del Comandante austriaco all’Hotel Trento.

Momenti di gloria, che arriveranno a Lucca e che verranno sanciti da lettere e riconoscimenti.

Un reggimento che è di stanza nella nostra città libera e conquista la città di Trento.

Una piccola storia della Grande Storia!

Il Colonnello Ernesto Tarditi, che avevamo già incontrato in Libia in servizio da capitano presso l’altro reggimento di cavalleggeri, il 16° “Lucca”, al termine del conflitto si congederà e inizierà una collaborazione di lavoro come rappresentante della Ditta F.lli Orzali di Lucca, per la produzione dei laterizi armati. Abitava con la famiglia in Via Burlamacchi. Ma non avrà un gran successo e quindi dopo alcuni anni rientrerà presso il suo paese natale, a Centallo in Piemonte.

Il reggimento dopo alcuni giorni di presidio in Trentino, rientra via ferrovia con stendardo e gloria, in guarnigione a Lucca, accolto con tutti gli onori dalla città.

Nel 1919 il 14° Reggimento Cavalleggeri “Alessandria” viene trasferito a Firenze.

L’amministrazione locale però si fa subito carico di richiedere al “competente ministero” l’assegnazione in guarnigione a Lucca di un altro reparto! A quel tempo avevan le idee un pochino più chiare di oggi.

Intanto, per ingraziarselo, inviano un telegramma di auguri per il genetliaco del Sovrano; e l’Aiutante di Campo Generale Cittadini, risponde ringraziando…

Poi il Sindaco informa il Consiglio che l’Onorevole Tangorra, interessato della questione, ha sollecitato l’ufficio competente per il ripristino di un reggimento di cavalleria a Lucca. E a seguire l’assicurazione del Regio Prefetto che la Scuola Sottufficiali non è destinata a muoversi…!

E in effetti, nel ’21, arrivano a Lucca due squadroni di Cavalleria del 4° reggimento “TREVISO”

Ma torniamo al nostro 14° Reggimento Cavalleggeri “Alessandria”, che nel frattempo nel 1923 si è “sciroppato” la Cirenaica; nel 1928 viene trasferito a Palmanova, e partecipa con aliquote, anche alla Guerra di Spagna. Nel secondo conflitto, viene impiegato in Jugoslavia, settore croato, dove effettuerà quella che contrariamente alla vulgata storica generale, è conosciuta come “Ultima carica di cavalleria.

Se apriamo un libro di cavalleria, l’ultima carica di cavalleria nota alla storiografia ufficiale è quella che compie il Reggimento Cavalleria “Savoia” nella famosa carica di Isbuschenskij del 24 agosto 1942.

In quella circostanza il 3° Reggimento “Savoia” Cavalleria, al comando del Colonnello Bettoni Cazzago caricò le formazioni russe che avevano accerchiato alcune unità italiane in un’ansa del fiume Don. La carica spezzo l’accerchiamento e consentì la successiva riunione dei reparti. Talmente epica da suscitare l’ammirazione dei comandanti tedeschi che ebbero a dire ai colleghi: “Noi queste cose non le sappiamo più fare!” (e taluno, lungimirante, aggiunse sottovoce: “Per fortuna…”!).

Le perdite furono contenute e arrivarono il conferimento della Medaglia d’Oro allo Stendardo, oltre a numerose decorazioni (due Medaglie d’Oro alla Memoria, due Ordini Militari di Savoia, 54 Medaglie d’Argento, 50 Medaglie di Bronzo, 49 Croci di Guerra e diverse promozioni per merito di guerra sul campo) ad Ufficiali e Cavalieri particolarmente distintisi nella gloriosa Carica che ebbe avuto come risultato “l’allentamento della pressione dell’offensiva russa sul fronte del Don, che consentì il riordino delle posizioni italiane e la salvezza di migliaia di soldati dall’accerchiamento”… Il motto sulla drappella recita “Savoye bonnes nouvelles”, e i cavalieri del Savoia portano la cravatta rossa. Oggi il Reggimento, montato su blindati ruotati, è stato incorporato dalla Brigata Paracadutisti “Folgore”, ed è di stanza a Grosseto.

In realtà, però, quella non fu l’ultima carica di cavalleria.

La vera ultima carica di cavalleria fu effettuata la sera del 17 ottobre 1942, proprio dagli squadroni del 14° Reggimento “Cavalleggeri di Alessandria”, in nostro 14°, che caricarono le posizioni dei partigiani jugoslavi a Poloj, in Croazia.

Questa fu l’ultima carica della cavalleria italiana. Una carica vera, a squadroni tutti montati e lanciati, con lo stendardo in testa. Notturna. Una carica errata da un punto di vista operativo. La cavalleria, all’epoca montata a cavallo e senza ausili tecnologici di visione notturna, non poteva operare senza visibilità. I collegamenti visivi sono indispensabili per la coordinazione degli squadroni e dei supporti.

Per questo motivo il comandante del reggimento, Col. Cat Aimone protestò vigorosamente con il comando superiore per la decisione scellerata di far caricare in orario notturno, senza la necessaria visibilità operativa (!).

Ma gli ordini si eseguono. Una carica potente, storica, sbagliata, dimenticata. Le conseguenze furono disastrose in termini di perdite; oltre 140 Cavalleggeri caduti e dispersi. Moltissimi i feriti e i cavalli perduti.

La carica, voluta da superiori incompetenti che subito dopo lo sfortunato e sanguinario risultato provvidero a cancellare gli ordini, si risolse con il conseguimento tattico dell’obiettivo, ma ad un prezzo elevatissimo, che si sarebbe potuto raggiungere al mattino successivo con minori perdite.

Già all’indomani della battaglia c’era, negli alti comandi italiani per il forte imbarazzo, la voglia di cancellare l’episodio; poche furono le decorazioni assegnate. Il Col. Cat Aimone rifiutò sdegnato la sua.

Alcuni reduci ricordano il discorso tenuto dal gen. Mario Roatta davanti ai cavalleggeri schierati:

“Al mio superiore vaglio gli ordini impartiti sono risultati illuminati. Si cancelli ogni cosa dalle vostre memorie, rimanga quello che passerà alla storia con il nome di carica di Poloj”.

A quelle parole, il comandante del reggimento, il colonnello Antonio Ajmone Cat, esplose:

“Che dirò a tante madri? Che un ordine pazzo ha stroncato la vita delle proprie creature?”.

Roatta voltò le spalle e tacque. Il Col. Cat Aimone fu rapidamente sostituito e allontanato dal comando. Succede.

Su questa sciagurata azione di Poloj cadde l’oblio e il silenzio della storiografia militare; per questo motivo, per la vergogna di aver dato un ordine scellerato e sbagliato, si ricorda e si riporta sempre l’altra carica del Savoia, più fortunata. Quella di Isbuschenskij. Ma non è quella l’ultima.

L’ultima carica della storia, è proprio quella del 14° “Alessandria”, che manterrà alto il suo onore e valore! Come recita la scritta ricamata sulla drappella della tromba: “Il suo ultimo squillo sarà di “caricat”!

Paradossalmente gli onori più meritati arriveranno proprio dal nemico,

Si riporta che il Maresciallo TITO comandante le unità slave che avevano accerchiato il reggimento, avrà a dire ai suoi al termine dei combattimenti: “Abbiamo avuto l’onore di scontrarci con i cavalleggeri del 14° Alessandria!”

Il nostro reggimento, ormai decimato, rientrerà con alterne vicende in Italia dove il 9 settembre del ’43 verrà sciolto sul campo presso Udine, senza rientrare alla sede stanziale di Palmanova.

Nel dopoguerra verrà ricostituito uno Squadrone con il nome Cavalleggeri “Alessandria” nel 1946 a Persano; nel 1979, in seguito alle riduzioni dell’Esercito Italiano, verrà incorporato dai “Lancieri di Montebello”.

E qui finisce la piccola storia del 14° Reggimento Cavalleggeri “Alessandria” che per 10 anni rimase in guarnigione di stanza a Lucca, portando il nome della nostra città nella Grande Storia!.

Vittorio Lino Biondi
Vittorio Lino Biondi
Sono un Colonnello dell'Esercito Italiano, in Riserva: ho prestato servizio nella Brigata Paracadutisti Folgore e presso il Comando Forze Speciali dell'Esercito. Ho partecipato a varie missioni: Libano, Irak, Somalia, Bosnia, Kosovo Albania Afganistan. Sono infine un cultore di Storia Militare.

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5 Commenti

  1. Bella la storia raccontata dal colonnello Biondi sul 14 Reggimento cavalleggeri “Alessandria”, che con la loro permanenza a Lucca per 10 anni porta forti introiti commerciali alla città. Mi piace la citazione sulla difficoltà già allora di aprire una caffetteria per ufficiali e sotto ufficiali.

  2. Vede sig. Colonnello Biondi, lo sfortunato episodio di Poloij, che non conoscevo, dimostra la differenza tra noi italiani e gli inglesi. Anche la brigata di cavlleria leggera britannica nella guerra di Crimea del 1855 fu mandata al massacro contro i cannoni russi a Balacklava, a causa di ordini sbagliati o fraintsi. Solo che su qull’episodio è stata costruita una leggenda: la “carica dei 600” che dura ancor oggi e su cui il poeta Tennyson scrisse una celebre poesia che tuttora si studia nelle scuole ( “Gloria che dai alla morte il magico fulgor di sempiterne aurore verso il tuo firmamento guida la cavalcata dei nobili seicento”) . Noi, al contrario abbiamo preferito stendere l’oblio su un episodio che resta comunque un esempio di eroismo e di sacrificio.

  3. Veramente interessante!!! personalmente conoscevo le gloriose vicende accadute sul fronte russo, ma ignoravo completamente la carica di Poloij in Croazia.
    L’episodio induce a meditare sulla inadeguatezza e scarsa efficienza di alcuni Comandanti al vertice, magari rintanati nei palazzi degli alti comandi, assolutamente ignari della situazione effettiva sui campi di battaglia e sui fronti di guerra.
    Concordo pienamente con le riflessioni del Sig. Di Grazia : in effetti è sommamente ingiusto aver dimenticato l’eroismo del 14° Reggimento Alessandria, il cui valore è stato riconosciuto anche dal nemico.

  4. Vorrei portare un contributo storico in riferimento ai Cavalleggeri di Alessandria che nel post non vedo riferimenti. Nel 1917 molti reparti di cavalleria vennero appiedati, perché a fronte delle nuove micidiali armi ” le mitragliatrici ” le loro cariche erano una strage annunciata. Quindi molti di essi vennero inquadrati nelle nuove formazioni di compagnia mitragliatrici Fiat. La scuola era a Brescia nella caserma del 77° e 78 reggimento fanteria Lupi di Toscana. Qui dopo addestramento di una decina di giorni, si formavano le nuove compagnie mitragliatrici Fiat. Il 14° Regg. Cav. Alessandria formarono a giugno del 1917 la n. 855° compagnia mitragliatici Fiat. A luglio venne integrata nella località di Faedis nella nuova costituzione della brigata di fanteria Belluno che aveva tre battaglioni 274 275 276. In questa Brigata vi erano 2 compagnie mitragliatrici divisionali la 855 Alessandria e la 856 dei Cavalleggeri di Mantova. Queste compagnie facenti parte della 65° divisione del XVII° C.d.A. prima del gen.le Vanzo e poi del gen.le Badoglio, operavano durante 11° Battaglia nella zona dei Lom Bainsizza medio Isonzo. La 855 ad agosto del 1917 fu protagonista nella presa temeraria di Testen insieme al 275° della Belluno che coadiuvava l’attacco della 22° Divisione. In questa occasione la compagnia ricevette la medaglia di bronzo al V.M. Ad ottobre precisamente il giorno 14 la 855° con circa 100 uomini in tutto forse meno, diede il cambio ad una intera brigata la Napoli insediata sulla quota 549 località S. Lucia. Gli ordini di Cadorna nel mese di ottobre del 17 erano di ritirare le brigate troppo avanzate poste in prima linea e sostituirle con delle compagnie mitragliatrici al fine di bloccare un eventuale attacco nemico che già nell’aria era preannunciato. Per tale fatto la posizione era diventata linea avanzata e la prima linea diventava quella retrostante. Fu così che la 855° ben due sezioni su tre si arroccavano avvicinandosi a pochi metri davanti alla quota sovrastante nemica q.640 mentre alle loro spalle sempre sulla quota stessa, vi erano sistemati pochi reparti del 274° della Belluno sistemati in caverne pronti ad intervenire in caso di attacchi frontali. Le due sezioni della 855° avevano l’ordine di resistere ad oltranza a qualunque sacrificio nel caso di una imminente avanzata. Il 24 ottobre 1917 Caporetto, alle ore 2 scattò furioso il bombardamento che sorvolava la posizione della q.549 battendo fino alle ore 4.30 incessantemente le seconde linee e le retrovie. Verso le ore 6 il tiro accorciava ed iniziava a battere incessantemente anche quota 549 e la retrostante prima linea. I pochi reparti del 274° quelli sistemati nelle caverne non immaginarono di essere presi alle spalle, e senza sparare un colpo furono immediatamente fatti prigionieri per via dell’accerchiamento maturato sotto la fitta nebbia. La 855° compagnia era del tutto abbandonata al suo destino. Inutili furono i tentativi che il tenente Ranieri Della Gherardesca e tenente Ludovico Poschi Meuron comandande della comp. che chiedevano lanciando razzi di segnalazione richiesta di copertura a loro difesa da parte dell’artiglieria posta sul vicino Krad Vhr. purtroppo nessun soccorso giungeva. Isolati e accerchiati si misero a cerchio ed eroicamente resistevano tra i roccioni facendo anche prigionieri. Il generale Guido Coffaro che vedeva da un osservatorio l’eroica impresa della compagnia ne rimaneva impressionato tanto da emettere un encomio solenne e di ammirazione nel suo dispaccio d’ordine. Fatto riportato sul libro del gen.le Carlo Geloso “la 65° Divisione”. Resistettero alla pressione nemica in modo encomiabile rimanendo senza munizioni decimati e con molti feriti bloccando la pressione nemica fino alle ore 13.30 dando modo alla prima linea loro retrostante a 2 ore di marcia sulle quote 550 e 545 e di Siroka Nijva di finalizzare la ritirata. Prima di essere fatti prigionieri i pochi superstiti distrussero le mitragliatrici cercando una via di fuga, ma dopo pochi passi a carponi, vennero immediatamente fatti prigionieri da soldati tedeschi. Questa vicenda andò a conoscenza nel 1919 sul tavolo delle onorificenze per la medaglia allo stendardo per il massimo sacrificio protratto, ma il generale vado (a mente) Montuori si oppose perché non avendo modo di costatare di persona e nessun altro superiore assistette all’eroica impresa a testimoniare (tranne il generale Coffaro che non era nella commissione) non concesse il riconoscimento allo stendardo, giustificando la sua opinione come un episodio anche se di massima rilevanza e abnegazione, rientrava nella normalità come fatto di guerra. Tra i superstiti della 855 vi era un cavalleggero di 25 anni di nome Livio Dari, entrò militare nel 1912 e dopo la prigionia nei vari campi di concentramento ultimo a Cittadella Liegi, rientrò in Italia nel dicembre 1918 pesava 40 kg. Rientrato a Lucca nei reparti di appartenenza del 14° Cav. Alessandria, si congedò ad aprile 1919 dopo 7 anni e mezzo di militare. Lasciata la divisa riprese la vita da contadino. Quest’uomo era mio nonno.

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